Questa volta voglio fare un post ad alto contenuto manageriale, sarà che rientriamo dalle ferie e siamo pronti a produrre nuovo reddito, sarà che ormai si avvicina la fine dell’anno ed i buoni propositi, sarà che ho mangiato pesante…..
Dato che sono un lettore compulsivo mi capita di imbattermi in scritti interessanti.
Un po’ di giorni fa ero alle prese con un post dell’Harvard Business Review (l’ho scritto perché fa figo far vedere che frequento blog di una certa caratura manageriale) e mi sono imbattuto in una riflessione interessante. A dire il vero è già la seconda volta che mi ci imbatto, anche quando ho avuto a che fare con il team di SixSeconds ed ho affrontato la questione intelligenza emotiva avevo trovato questo argomento (sento nell’aria un non so ché di managerialità, se adesso riesco ad inserire pure la SDA Bocconi e l’AIDP sono ufficialmente figo!).
Ma basta girarci attorno ostentando letture e frequentazioni che non mi appartengono come fossi un ex partecipante ad un MBO della SDA Bocconi (Vale o è troppo tirato?!). Nel post che leggevo si parla di attività da fare su noi stessi, per il miglioramento continuo. Chi l’ha scritto dice che chi vuole seriamente fare un lavoro su se stesso deve avere il coraggio di chiedere un feed-back in termini di S.K.S…..stop, keep, start.
In pratica dovremmo chiedere a chi ci sta vicino e vive o collabora con noi di dirci cosa dovremmo smettere di fare (stop), cosa invece dobbiamo continuare a fare (keep) e cosa dobbiamo iniziare a fare (start).
Io l’ho fatto, a suo tempo, e non è facile. Sono tre aspetti abbastanza tosti, specialmente le due “S”, però è un esercizio molto interessante, è un bel modo per voler prender di petto il proprio miglioramento. La “K” è da rinforzo, è il nostro ancoraggio, è quello che ci riesce, che ci fa apprezzare e che dobbiamo usare come trampolino e perno di tutto il resto. Certo lo schema funziona se partite da un importante presupposto: come gli altri ci percepiscono è corretto, quanto meno per loro stessi. Ovvero se una persona mi dice che dovrei smettere di ostacolare ogni sua iniziativa non importa se credo di essere il miglior enzima di ogni gruppo, se lui mi percepisce come un ostacolo alla sua espressione significa che lo sono.
Beh, io forse fra un po’ ci riprovo, per ora vado a rileggermi quello che mi avevano consigliato due anni fa, son sicuro che qualcosa ancora da sistemare c’è.
Dato che sono un lettore compulsivo mi capita di imbattermi in scritti interessanti.
Un po’ di giorni fa ero alle prese con un post dell’Harvard Business Review (l’ho scritto perché fa figo far vedere che frequento blog di una certa caratura manageriale) e mi sono imbattuto in una riflessione interessante. A dire il vero è già la seconda volta che mi ci imbatto, anche quando ho avuto a che fare con il team di SixSeconds ed ho affrontato la questione intelligenza emotiva avevo trovato questo argomento (sento nell’aria un non so ché di managerialità, se adesso riesco ad inserire pure la SDA Bocconi e l’AIDP sono ufficialmente figo!).
Ma basta girarci attorno ostentando letture e frequentazioni che non mi appartengono come fossi un ex partecipante ad un MBO della SDA Bocconi (Vale o è troppo tirato?!). Nel post che leggevo si parla di attività da fare su noi stessi, per il miglioramento continuo. Chi l’ha scritto dice che chi vuole seriamente fare un lavoro su se stesso deve avere il coraggio di chiedere un feed-back in termini di S.K.S…..stop, keep, start.
In pratica dovremmo chiedere a chi ci sta vicino e vive o collabora con noi di dirci cosa dovremmo smettere di fare (stop), cosa invece dobbiamo continuare a fare (keep) e cosa dobbiamo iniziare a fare (start).
Io l’ho fatto, a suo tempo, e non è facile. Sono tre aspetti abbastanza tosti, specialmente le due “S”, però è un esercizio molto interessante, è un bel modo per voler prender di petto il proprio miglioramento. La “K” è da rinforzo, è il nostro ancoraggio, è quello che ci riesce, che ci fa apprezzare e che dobbiamo usare come trampolino e perno di tutto il resto. Certo lo schema funziona se partite da un importante presupposto: come gli altri ci percepiscono è corretto, quanto meno per loro stessi. Ovvero se una persona mi dice che dovrei smettere di ostacolare ogni sua iniziativa non importa se credo di essere il miglior enzima di ogni gruppo, se lui mi percepisce come un ostacolo alla sua espressione significa che lo sono.
Beh, io forse fra un po’ ci riprovo, per ora vado a rileggermi quello che mi avevano consigliato due anni fa, son sicuro che qualcosa ancora da sistemare c’è.
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