Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

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ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

giovedì 1 marzo 2012

Due lezioni dallo sport


In questi giorni sono stato in contatto con gente che fa sport a livello professionistico. Con loro ho avuto modo di parlare di lavoro in team e di chiarirmi molto le cose.
Molte volte le aziende hanno “pescato” dagli ambienti sportivi dei testimonial per affrontare temi di carattere organizzativo.
Ma cosa può seriamente insegnarci lo sport? O meglio, lo sport può realmente insegnarci qualcosa?
Secondo me sì e in queste settimane l'ho capito meglio.
Ci sono due concetti di cui molte aziende riempiono le loro carte dei valori o tentano di far passare come elementi distintivi della cultura organizzativa ma che difficilmente si sostanzia.
Il primo è quello di obiettivo. Molte aziende ormai si definiscono aziende tese verso l'obiettivo e affermano di lavorare per obiettivi. Però sappiamo che l'essere umano si trova meglio nei successi che negli insuccessi e che gli obiettivi hanno maggior valore se hanno a che fare con premi economici.
Ecco, nello sport non è così. Gli obiettivi sono sempre sfidanti e chi fa sport non vince tornei e competizioni per soldi, lo fa per centrare l'obiettivo. Quando comincia a farlo per soldi in genere comincia a vincere un po' meno. Quindi il mondo dello sport può insegnarci a perseguire i nostri obiettivi a prescindere dagli aspetti economici, solo per gusto di eccellenza. Ne vale la pena? Io credo di sì, credo che lavorare sulla nostra reale abitudine a perseguire obiettivi sfidanti sia molto importante.
Altro aspetto è quello del lavoro in team. Il mondo dello sport lavora sempre in team e lo fa sul serio. Molte volte, nella mia minima esperienza in azienda, ho sentito confondere un lavoro in sequenza con un lavoro in team. Mi spiego, se ci riesco. Se a monte del mio lavoro c'è quello di un collega e, a mia volta, il mio lavoro serve ad un altro collega questo non è un lavoro in team, è una sequenza di attività e basta. Il fatto che l'ufficio preventivi comunichi all'ufficio acquisti alcune nuove condizioni che ha stabilito con un fornitore non è lavorare in team, è circolazione delle informazioni. Se invece l'ufficio preventivi, in sede di preventivazione, coinvolge l'ufficio acquisti nella discussione con un fornitore e magari coinvolgono anche l'ufficio progettazione per farsi avvallare una modifica tecnica, ecco, in questo caso assomiglia di più ad un lavoro in team.
A mio modo di vedere uno degli sport che meglio fotografa la reale definizione del lavoro in team è la pallavolo, dove l'interazione fra i vari atleti è obbligata, dove ci sono specializzazioni ma dove c'è anche la capacità di inserirsi al posto di un compagno fuori posto o in difficoltà.

Ok, forse mi sono un po' incasinato, proviamo a ricapitolare. Dallo sport, in questi ultimi giorni, ho imparato che gli obiettivi ci sono e non vanno modificati per essere raggiunti, vanno conquistati. Nessun atleta parte per la finale dei cento metri e, dopo cinquanta metri, pensa “Ok, Bolt è troppo veloce, argento è perfetto lo stesso”. Magari alla fine sarà comunque soddisfatto ma correrà comunque per raggiungere Bolt.
Ho anche imparato che il fatto che un lavoro sia fatto da due o più persone non vuol dire che sia un lavoro di squadra. L'interazione, lo sviluppo ed il supporto reciproco, lo stimolo continuo e la condivisione fanno un lavoro in team.

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