Ieri sera ho visto un pezzettino della trasmissione “che tempo che fa” con Fabio Fazio.
C'era ospite una professoressa di Italiano che presentava un suo libro.
La professoressa spiegava come i ragazzi d’oggi siano molto curiosi e siano molto attenti in classe ma come poi a casa non “aprano un libro”.
A parte l’espressione “a casa non aprono un libro”, che mi riporta a gloriosi tempi andati in cui curavo un po’ di febbre con una corsetta ed una doccia calda, mi è venuta alla mente una riflessione, rafforzata in mattinata da un video.
L’insegnate diceva che ormai i ragazzi hanno mille distrazioni e manca la volontà di concentrarsi.
Ha definito lo studio come un’attività che si fa da soli, per fissare nella mente delle parole.
In effetti è vero, ridotto ai minimi termini è così.
Credo che però questa società debba confrontarsi con una definizione diversa della conoscenza.
Ormai la nostra società ci mette a disposizione tanto sapere, abbiamo l’accesso a mille informazioni e la nostra conoscenza diminuisce. Che ce ne facciamo di avere in testa informazioni che posso facilmente recuperare col telefonino in maniera più accurata di quanto mai potrò avere in testa?
Se non ci adeguiamo a questo rischiamo solo di impoverirci. Qualche giorno fa Benigni ha fatto un intervento a Sanremo spiegando l’Inno di Mameli. La grandezza dell’intervento non è stata nel farci vedere che conosce il rinascimento e nel manifestare la sua cultura, la bellezza è stato in come ha collegato le cose, in come ha ragionato sui significati, sugli eventi.
Dobbiamo capire che la nostra capacità di essere critici, di collegare le cose, di leggerne il significato sarà la nostra vera conoscenza, non il detenere informazioni.
Però come si fa a diventare sufficientemente preparati per poter essere critici? Bisogna conoscere, un po’ è necessario ancora conoscere e venire a contatto con informazioni, con sapere, con pensieri.
Nessuno strumento, ad oggi, è in grado di farci questo, almeno senza privarci di tutto il nostro sapere.
Unica attenzione saranno i canali da utilizzare per accedere a questo sapere.
Non possiamo prescindere da internet per due motivi:
- sarà sempre più aggiornato di qualunque pubblicazione;
- ci aiuta anche ad allenarci ad essere critici, internet non sempre dice la verità, quello che troviamo deve sempre essere verificato. Mentre quello che è presente sui libri di scuola non siamo abituati a metterlo in discussione, quello che troviamo su internet deve per forza esserlo.
Se ci muoviamo con queste consapevolezze forse potremmo anche non impoverirci troppo. No, dai, non volevo sembrare un santone che lancia strali e malefici. Dobbiamo essere sereni ma confrontarci con un nuovo modo di gestire la conoscenza che non ha più la necessità di sapere ma ha quella di criticare, sviluppare, commentare.
Ciao Niccolò,
RispondiEliminaMentre scrivo mi trovo sull’isola D in mezzo al Mar Caspio , con una temperatura esterna media di -25°.
In questo ameno contesto , a fine giornata di lavoro, mi ha incuriosito il tuo link che si vede sul tuo utente skype.
In particolare ho letto il tuo articolo riguardante sapere e conoscenza.
Sono d’accordo con te quando dici che al giorno d’oggi l’approccio con l’informazione sia completamente cambiato, cosa che chi viene da un trentennio generazionale prima di noi stenta a capire.
Prima si puntava a riempire fino al collo il baule della nostra conoscenza con tutte le informazioni possibili, una sorta di mega ricettario di suor germana di cui andare fieri con gli amici e da poter sbandierare molto spesso solo la sera davanti al Trivial Pursuit.
Quando andavo alle elementari c’era una maestra che era tutta orgogliosa di sapere a memoria tutta la divina commedia e mi ricordo che alla tenera età di 7 anni pensai :
“ ‘azzo…. “ ( e manco sapevo ancora chi fosse D. Alighieri )
Dopo l’esperienza universitaria sono sempre più convinto che sia importante conoscere come sapere ciò che ci serve e saperlo fare al momento giusto.
Siamo nell’era dell’informatica, del web, delle informazioni e , più recentemente, delle emozioni condivise; questo ha avuto inevitabilmente anche un impatto sul nostro modo di essere e di sentire.
Stiamo diventando anche noi dei PC anzi HC ( human computer ), ottimizziamo le nostre “info” così da non sovraccaricare il nostro “HD”, mandiamo “sms” e siamo “taggati” su pezzi dell’esistenza di qualcuno.
Con la tecnologia a nostra disposizione oggi non serve più ricordare a memoria , è una fatica inutile e spesso pure poco soddisfacente; questa è una cosa oggettiva ed il solo negarlo sarebbe estemporaneo e un po’ nostalgico.
Non parlo in termini di giusto o sbagliato poiché credo che il sapere sia un percorso che parta da una necessità e porti ad un obiettivo, un metodo e non una scelta.
La differenza a questo punto la fa solo cosa cerchiamo e perché scegliamo.
Io credo che l’unico motivo per cui avere una conoscenza sia l’amore.
So che mentre hai letto l’ultima frase hai fatto un salto dalla sedia, non sono il tipo da cui ci si aspetti un’affermazione del genere.
Proprio perché abbiamo tanto e “a gratis” a volte dubitiamo persino che esista ciò che ci viene dato ed il bisogno di conferme, di sentimenti si fa più forte.
Ecco perché oggi facebook va più forte della Treccani o perché la gente passa ore a chattare piuttosto che vivere.
In questo sistema si corrono alcuni rischi, a volte gravi: se non ci sforziamo di tenere a mente ci disabituiamo a farlo e così il nostro cervello rischia di “atrofizzarsi” e di faticare a ricordarsi le cose; non leggere un libro impoverisce il nostro lessico; passare il nostro tempo libero davanti ad un computer fa si che anche il nostro corpo ne risenta.
RispondiEliminaInoltre quando tutti possono dire tutto si rischia di ricevere delle informazioni sbagliate o, ancora peggio, di parte perciò si rischia anche di vivere con il ragionevole dubbio che le nostre certezze possano crollare da un momento all’altro.
Se proviamo passione per qualcuno o qualcosa allora vale la pena ricordarlo, vale la pena di portarne traccia con noi fino a che campiamo ( un po’ come si fa quando si organizza la raccolta di canzoni preferite sul nostro lettore MP3 ).
Anche in questo caso si corre un certo rischio: ovvero che il nostro sapere sia limitato alle sole cose che preferiamo e che ci chiudiamo al resto.
Ma rischi a parte è questo quello che facciamo ultimamente.
A me personalmente non dispiace, dopo 20 anni di studi scolastici non mi va di mettere dentro alla mia testa altre nozioni che probabilmente non mi serviranno mai; voglio riservare il ( poco ) spazio che mi rimane libero per le cose a cui tengo e che fanno parte del mio modo di essere.
Il punto è che però so e “sento” cosa mi piace solo perché ho provato prima, perché ho avuto una serie di esperienze che mi ha fatto sbattere il naso contro la realtà, magari a volte in maniera non proprio piacevole.
Le difficoltà nello studio mi hanno fatto capire quanto prezioso possa essere il risultato della fatica dell’apprendimento perciò un bagaglio di conoscenze generali assieme ad un buon metodo di studio e ricerca dovrebbero essere l’obiettivo della scuola di domani.
Mia nipote e tua figlia probabilmente a scuola porteranno l’Ipod assieme al sussidiario ( multimediale ovviamente… ) e sono proprio curioso di vedere le persone che diventeranno dopo avere ricevuto con tanto vantaggio gli stessi strumenti che ho io ora a disposizione alla fulgida età di 35 anni.
Forse verrà fuori una nuova generazione di techno-hippy o di freddi consumatori di tecnologia.
Ti aspetto al bar fra 35 anni per un caffè, un buon bicchiere di nocino e 2 chiacchiere su questo argomento.
Saluti dall’isola che c’è
Grinta e sangiovese
Ciao Carissimo,
RispondiEliminache bello sentuirti dall'Isola che grazieancheateadessoc'è...
Quello che dici è vero, dobbiamo solo non perdere la strada che ci permettere di essere fruitori di sapere e non solo gente che viene attraversata da informazioni di cui non capisce neppure l'utilità.
Guardo con molta curiosità alle nuove generazioni, anche meno nuove di Nora e Gaia, per vedere il loro rapporto con gli strumenti informativi. Io ricorod il momento in cui ho visto il primo PC o l aprima volta che ho premuto dei tasti su un foglio word.
Le nuove generazioni nascono già così e vorranno di più. Se ci saranno ancora i bar allora vuol dire che almeno sapremo divertirci...
Copriti che fa freddo.