Due episodi abbastanza recenti per una riflessione.
Questa mattina ho scambiato una battuta con un collega che sabato è stato a Bologna a vedere Bologna Cesena di calcio. Partita importante per la salvezza del Cesena che il Cesena ha vinto due a zero.
Mi sono affacciato da lui per commentare l’impresa e lui mi ha detto che è stato bello vincere ma che è stato bloccato allo stadio fino alle 18.30, che ha visto gente che sanguinava, che volavano elicotteri, ecc ecc.
Il suo commento finale è stato che è triste pensare di rischiare una coltellata perché indossi la sciarpa della tua squadra. In effetti ha ragione.
Non smetto mai di schifarmi davanti a queste situazioni. Il mio collega non è un facinoroso, è un bravo ragazzo con la passione per il calcio.
Io ho la passione per l’Inter (adesso si spiegano molto cose relative al saper accettare i fallimenti) e mi piace un sacco andare a San Siro. Ricordo di averci portato anche Giulia che ne è rimasta affascinata. Aspetto il girono in cui potrò portarci Gaia. E mi rattristo. Mi rattristo perché ho già in mente che dovrò cercare la partita giusta, contro la squadra giusta, ecc ecc.
Ad esempio un bel confronto fra Inter e Cagliari, magari a fine stagione, con il Cagliari che non ha nulla da chieder e pochi tifosi in trasferta. Questi sono i ragionamenti che devi fare se vuoi andare allo stadio con una bambina. Che tristezza. Già, perché se San Siro è comunque emozionante mi si preclude la possibilità di vedere una bella partita per motivi di sicurezza. Ecco, magari anche Inter Cagliari potrà essere bellissima ma non sarà emotivamente significativa. Anche perché se lo fosse, mettiamo il caso che fra 5 anni l’Inter si gioca lo scudetto alla penultima di campionato contro la Juventus e se vince col Cagliari è campione d’Italia, sarebbe automaticamente a rischio. Perché in quel caso sarebbe pericolosa l’esplosione di gioia demente che in genere si abbina agli eventi calcistici. Non è sicura neppure la gente che esulta e festeggia. Almeno non lo sarebbe portarci una bimba di pochi anni. Quindi diventa appetibile andare a vedere una partita di scarso interesse, con poco carico emotivo. Sai che gusto.
Quindi la nostra società è questa, un insieme di individui pronti a darsele di santa ragione in nome di colori. E’ talmente contorto il tifo in Italia che arriviamo a situazioni paradossali: gli amici milanisti sanno che il mio rapporto con il Milan si è irrimediabilmente incrinato il giorno dell’addio al calcio di Maldini, quando i suoi tifosi l’hanno fischiato. Ecco, quell’episodio ha fatto balzare il Milan in cima alle mie antipatie calcistiche, prima pure della cara vecchia signora.
Come possiamo avere fiducia se un momento di aggregazione, divertimento e sport diventa una domenica allo stadio. Se per noi passione, passatempo, sport e gioco significa volti coperti, auto incendiate, botte, coltellate, ecc ecc.
Non voglio citare altre nazioni ad esempio, non voglio parlare di quando sono andato a vedere gli Yankees, dello stadio di Monaco, ecc ecc. Non lo farò.
Voglio riportare il secondo episodio.
Roma, quindi una delle città dove il tifo è violento, dove una coltellata fuori dall’Olimpico “ci può stare”, come disse quel tifoso con la gamba ferita.
Ecco, però siamo al Flaminio, è il 12/03/2011, c’è Italia Francia del sei nazioni di Rugby.
Una partita molto sentita, di quelle che riempie stadi e animi, non Inter Cagliari di fine stagione con gli obiettivi centrati per tutti.
Una partita importante, uno sport molto fisico, non una roba da fighetti.
Ho visto la partita in tv, carica emotivamente come poche altre cose, mi son ritrovato Gaia in braccio che spingevo il divano per guadagnare terreno.
Per chi ama lo sport, lo sport, non solo quello sport, è un momento esaltante. Fra l’altro la rivalità con i Francesi trascende ormai qualunque disciplina sportiva.
Bene, un mio caro amico era al Flaminio. Si è divertito un sacco, si è emozionato e ha condiviso con altri i momenti epici della rimonta. Ah, dimenticavo, non era solo, con lui c’era anche sua moglie, una donna allo stadio. E già questo non è normale, non è scontato, anche perché non sono “gente da stadio”, per loro non è consuetudine, non sanno e non conoscono.
Ah, dimenticavo un’altra cosa, caspita: lei oggi è incinta di otto mesi, allora lo era di sei.
Quindi esiste la possibilità di vedere lo stadio come un divertimento, un passatempo, una passione.
E fra l’altro parliamo della stessa gente, siamo sempre noi, Italiani quelli che si spaccano la testa perché una sciarpa è dei colori sbagliati ed Italiani quelli che ridono, urlano e festeggiano.
La differenza è la cultura e l’educazione che uno sport come il rugby insegna.
La materia prima è la stessa, cambia l’educazione.
Beh, quindi si può fare, non solo gli americani si divertono allo stadio.
Pensate a questo in modo allargato, c’è da essere ottimisti, in fondo.
Fra l'altro abbiamo la conferma che la massa può anche essere virtuosa, che anche le buone pratiche possono diffondersi come un contagio, non solo l'ignoranza. Non resta che scegliere.
Pare quasi facile.
Fra l'altro abbiamo la conferma che la massa può anche essere virtuosa, che anche le buone pratiche possono diffondersi come un contagio, non solo l'ignoranza. Non resta che scegliere.
Pare quasi facile.
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