Già lo scorso anno mi ero reso conto di quanto suonasse ridicola l'espressione "giovane trentatreenne" e quest'anno, giunto a 34, mi sento un personaggio sfigato di un film anni ottanta se mi associo l'aggettivo giovane.
Però un po' mi ci sento, giovane. Nonostante le quasi due figlie, quasi cinque anni di matrimonio e tutto il resto. Forse perché la mia è la generazione degli eterni figli, quelli che per i genitori non cresceranno mai.
Invece, prima o dopo, capitano, i segnali arrivano. I tre episodi che ti fanno capire che non lo sei più, giovane. Puoi mentire a te stesso quanto vuoi, puoi accusare dei dolori alla schiena uno sforzo improvviso, puoi accusare il cambio di stagione della tua stanchezza. Puoi, però prima o poi capita.
Primo episodio. Personalmente mi è capitato ben due volte. Sei a bordo campo, distratto, ti giunge un pallone e senti la voce squillante di un under venti che dice "signore, SCUSI, palla". Ecco, se anche quando siete in pantaloncini e prossimi all'attività fisica si rivolgono a voi dandovi del lei è un segnale. Mi è capitato due volte, una al mare da parte di due ragazzini (e questo rende più lieve la ferita) ed una al calcetto.
Secondo episodio. Questo è fresco, mi è accaduto questa sera ed è il motivo scatenante del post. Pizzeria d'asporto. Cassiera under venti che prende le pizze e dice al pizzaiolo/padrone "di chi sono?". "del ragazzo", dice lui. Lei guarda la sala e non trova nessun ragazzo. Il pizzaiolo mi indica e lei dice "ah, sono del signore". Ecco, se agli occhi dei nuovi giovani voi non apparite come giovane, nonostante l'abbigliamento giovanile e gli sforzi, allora è un altro segnale.
Il terzo e ultimo episodio, che ancora non mi è capitato, si verifica quando vi cedono il posto su un mezzo pubblico. Non prendo autobus da dieci anni e treni da sette, ecco come mi aggrappo alla gioventù.
Portate pazienza, vengo da una serata in cui pensavo solo a godermi la mia pizza in casa e mi è andata di traverso. Uffa.
Cosekeso?
Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.
Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"
ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.
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Link vari ed eventuali
domenica 26 febbraio 2012
martedì 21 febbraio 2012
Gaia e i segreti svelati alla sorella
Di nuovo sul divano, di nuovo avvolto
dal nulla tipico del mio riposo serale. In realtà sono assorto a
guardare Gaia.
Ad un certo punto si volta verso di me
e mi inchioda con lo sguardo.
“Babba, ho pensato ad una cosa per la
piccolina”.
N: “Immagino qualcosa di bello”, da
qualche tempo faccio caso a come si comporta con i suoi bambolotti e
non sempre è cortese.
G: “Allora, cosa ti credi. Certo, ho
pensato ad una cosa. Ho pensato che voglio insegnarle che non è vero
che l'importante nella vita non è partecipare”
N: “Non è neppure vincere, tesoro
mio”, la interrompo convinto di poterle finalmente dare una lezione
di vita, già pregusto il suo hai ragione babba, grazie.
G: “Certo, l'importante non è
vincere, è ritirare il premio.”
N: “Ah... questa me la devi
spiegare”.
G: “Certo. Dunque, tempo fa ho letto
quella roba dell'importante non è vincere ma partecipare. Lì per
lì mi è sembrata sensata. Poi però tutti commentavano che non è
un dramma perdere una finale, per esempio, perché l'importante è
partecipare. Secondo me questa seconda parte è sottovalutata. Il
tizio che l'ha detta”
N: “Pierre de Cubertin”, grazie
iPad che mi hai permesso di anticipare mia figlia e di scriverlo bene.
G: “Dicevo, il tipo che l'ha detto,
quando l'ha detto, parlava delle Olimpiadi. E per forza l'importante
è partecipare, arrivare alle Olimpiadi è già aver vinto, hai già
ritirato il premio. Io non voglio che la piccolina cresca convinta
che basti iscriversi alla vita per essere felici. No, serve ritirare
il premio, serve arrivare in cima. Non basta essere nati, non basta
partecipare. Ci devi arrivare, a partecipare”.
N: “Mi piace, hai ragione. Però non
tutti possono ritirare il premio. Rischi che poi ci resti male”.
G: “Quello che intendi tu no, però
io posso insegnarle a darsi dei traguardi, posso insegnarle ad essere
superiore alle corse degli altri e a correre solo contro sé stessa.
Posso insegnarle a darsi un obiettivo e a ritirare il premio. Non
importa cosa faranno gli altri, lei potrà vincere sempre.”
N: “Beh, così è troppo facile, uno
si assegna un obiettivo lo centra e poi si complimenta da solo”.
G: “E' per questo che le insegnerò a
darsi gli obiettivi. Le insegnerò a cercare di migliorarsi sempre.
Fidati, sarà sempre meglio che insegnarle che l'importante è
esserci. Le insegnerò che l'importante è esserci se significa
qualcosa, se arriverà alla finale delle sfide della sua vita allora
l'importante sarà esserci. Voglio che impari che perdere è una
lezione e non che perdere non è nulla perchè tanto partecipa e
quindi vincono tutti. Dovrà migliorarsi, dovrà godersi ogni premio
che ritira e dovrà godere ancora di più per ogni fallimento perchè
le permetterà di alzare l'asticella la volta successiva. Fidati,
farò di lei una bimba eccezionale”.
N: “Un po' mi spaventi, ma vorrei
avere la capacità di trasmetterti le stesse cose, la stessa passione
per la vita”.
G: “Grazie mille, non sei per niente
male come babba.”
giovedì 9 febbraio 2012
Gaia e la bussola per essere felici
Finita un'altra giornata di lotta
contro la neve, comincio a pensare che la neve sia il mio
arci-rivale... Svaccato sul divano come una megattera obesa dopo le
nozze della cugina sento una vocina che mi fa: “Tu con l'arrivo
della sorellina come pensi di gestirti?”
Rispondo cercando con lo sguardo un
qualche aiuto, anche dai Teletubbies o dai Bubble Guppies “Cosa
intendi amore mio?”
G: “Intendo che quando saremo due
piccoline ci sarà molto da fare e che dovrai partire subito a
crescerci bene”.
N: “Certo, certo”, balbetto ancora
frastornato.
G: “Sai, io ci tengo alla piccolina,
non voglio che cresca male ma io non posso insegnarle tutto, mi devi
aiutare”, il tono di voce è un po' piccato ma è sincera.
N: “Beh, hai ragione. Il mio intento
è sempre quello di lasciarvi la possibilità di esprimervi, di darvi
dei valori, di spiegarvi cosa è bene e cosa è male e poi lasciarvi
la possibilità di scoprire il mondo, stando un passo indietro per
impedirvi di cadere”.
G: “Credo tu volessi dire per
impedire di farci male, non per impedirci di cadere”.
N: “Ehmm, sì, suona decisamente
meglio”.
G: “E quali sono i valori che pensi
di trasmetterci?”
N: “Oh cazzo”.
G: “Cosa?”
N: “Niente, dicevo che ti rispondo a
razzo”.
G: “Ah, non avevo capito”.
N: “Credo che vi insegnerò il
rispetto, l'ascolto, a distinguere il bene dal male, cose del genere”, ok mi rendo conto che sto prendendo tempo.
G: “Hmmm, non ci siamo”.
N: “Il mio scopo è di darvi una
bussola con la quale orientare le vostre scelte”. Giuro, su questa
frase pensavo di aver fatto bingo. Nella mia vita molto spesso frasi
ad effetto mi sono venute in soccorso. Questa volta, evidentemente,
no.
G: ”Perché invece non ci insegni ad
essere egoiste? A volere solo il nostro bene e la nostra felicità? ”
N: “Certamente, io voglio la vostra
felicità e voglio che facciate ogni scelta pensando ad essere
felici, sempre. Però voglio darvi i valori per farlo, la famosa
bussola”.
A questo punto prende l'iPad e comincia
a scrivere. Dopo due minuti se ne esce di nuovo: “ma tu sai cos'è
una bussola?”
N: “Certo, è uno strumento che ti
indica la strada giusta, che ti dice dove andare”.
G: “E tu pensi che ci serva questo?”
N: “Credo che per voi sia importante
sapere in che direzione andare”.
G: “Ma la bussola non ti dice come
andarci”.
Oddio, sento che mi ha incastrato, di
nuovo.
G: “Non insegnarci dov'è la
felicità, insegnaci come dobbiamo fare per arrivarci. Non mettere
dei paletti, traccia delle strade. Aiutaci a scoprire cosa ci rende
felici e come abbiamo fatto ad arrivarci, in modo che possiamo
rifarlo. Se ci spieghi sempre e solo la differenza fra bene e male,
estremizzo, come faremo a scegliere il bene quando ci sbatteremo
contro?”
N: “Ma io penso che voi dobbiate fare
le vostre scelte liberamente, che dobbiate commettere i vostri errori
liberamente”.
G: “Perché? La tua è una
generazione che è cresciuta con la paura di non essere libera. I
nonni avevano paura di essere troppo protettivi, di togliervi spazi.
Perchè dovrebbe essere un problema se ci mostri la strada che ci
rende felici? Lascia che siamo noi a capire cosa ci rende felici ma
tu accompagnaci fino a quando non avremo capito. Tu hai imparato a
insegnare tante cose, hai scoperto come comunicare in modo efficace,
in modo che tutti afferrino il concetto. Io per me e per la sorellina
vorrei che tu non ci spiegassi dov'è la felicità ma che ci
accompagnassi, non mi dare le istruzioni per costruire la mia
felicità, costruiamola assieme, così quando dovremo farlo da sole
non ci perderemo, non sbaglieremo”.
Detto questo sorride. Ha visto che
forse ho capito, anche se stasera prima di dormire ne voglio parlare
con Giulia per capire se ho inteso bene. Mi corre incontro e allarga
le braccia, è ancora ora di andare a letto. Si butta al mio collo e
crolla prima però mi dice "Lo sai che abbiamo rivelato il nome della sorellina in questo dialogo, chissà chi se ne accorge..."
mercoledì 1 febbraio 2012
Obiettivi e benefici
Eccoci,
mese nuovo e nuovo primo post del mese. Ok, devo scaldare le dita,
ancora poche parole di introduzione insensata. Questa roba dello
scaldare le dita l'ho imparata ad un corso di fotografia.
Veniamo
a noi. L'altro giorno ho letto un'intervista che mi ha lasciato
Giulia....in bagno.
Bene,
la riflessione che mi è venuta, in auto, non in bagno, riguarda gli
obiettivi.
Ognuno
di noi, in ogni momento della vita, si sceglie degli obiettivi, dei
traguardi. Si fa ad inizio anno, dopo il primo mese si fa un po' di
tuning, poi c'è lo slancio primaverile, i buoni propositi delle
vacanze e lo sprint di fine anno. In ogni modo gli obiettivi sono al
centro della nostra vita. Credo che gli anni novanta abbiano portato
questa mentalità per obiettivi.
Fra
l'altro io ci sono cascato in pieno, passo i giorni fino al martedì
a definire traguardi, mercoledì e giovedì ci provo, venerdì
negozio con me stesso altri obiettivi, sabato e domenica bilanci.
Comunque,
sto divagando. Una delle esperienze che più mi ha aiutato a definire
i miei obiettivi è stata quella con i ragazzi di SixSeconds. Con
loro ho cominciato a ragionare di obiettivi eccellenti, di cercare
quello che è veramente importante.
Ecco,
l'altro giorno ho cominciato a ragionare della differenza fra
obiettivi e benefici. Ovvero, l'obiettivo che decido di perseguire
quale beneficio mi dovrebbe portare? Perchè mi pongo un certo
obiettivo, quale beneficio credo che possa portare alla mia vita.
Ragionando
mi sono reso conto che non bisogna confondere gli uni con gli altri.
Per un semplice motivo, se penso a quale beneficio intendo portare
alla mia vita allora mi si apre la possibilità di definire molti
obiettivi. I traguardi servono per l'operatività ma sono i benefici
che dobbiamo indagare e capire bene. Se voglio stare meglio posso
darmi come obiettivo di correre di più, di mangiare meglio, di
perdere peso. Posso anche fallire in uno di questi obiettivi ma
mantenere la mia pulsione verso il beneficio, trovando un altro modo
per raggiungerlo.
Certo,
mancare un obiettivo resta una delusione che bisogna gestire ma non
riuscire a raggiungere un traguardo potrebbe non essere così
drammatico, forse abbiamo solo scelto il modo sbagliato per appagare
un nostro bisogno, per trovare un beneficio.
Ora,
molti già hanno chiara questa distinzione, individuano obiettivi
alti e li declinano in operatività. Per me invece tenere distinte le
due cose, anche a livello di termini, è importante. Capire bene
quali benefici portare alla mia vita e poi definire degli obiettivi
sui quali lavorare è importante, mi aiuta a capire cosa è veramente
motivante per me e cosa, invece, è solo contorno.
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