che si chiama "il costo della vita".
Il fatto mi sta particolarmente a
cuore, non so perchè. Cioè, quando è accaduto ero piccolo ma
ricordo che la maestra me ne parlò. Poi ricordo che me ne parlò mio
nonno (questo nonno Post sul nonno Alfonso ). Poi il fatto mi è sempre ronzato attorno,
anche mio suocero me ne ha parlato, avendone vissuto una parte.
Quindi son partito con molte
aspettative, il fatto mi sta a cuore.
Devo dividere questo mio commento in
due parti. Ma prima una premessa: commento il libro prima di averlo
finito. Non credo si faccia però ho urgenza di dire una cosa e non
posso aspettare.
Il libro non mi è piaciuto. Secondo me
non è all'altezza del fatto, o almeno non è all'altezza di dove io
ho messo il fatto. Ad inizio seconda parte l'autore dichiara di aver
raccolto molto materiale ma di non aver ancora le idee chiare su come
scrivere il libro. E si vede. Il libro non ha un verso, ci sono molte
testimonianze, molte info raccolte, molti dettagli ma non aggiunge
nulla ad una ferita ancora molto forte e non solo per gli
anniversari. Forse il fatto avrebbe meritato più rispetto e non
essere inserito fra l'apprezzamento ad un libro ed al pensiero di un
giovane giornalista ravennate (apprezzamento che condivido, in
realtà), il commento su un hotel e il non apprezzamento per un
ristorante della città o il commento stereotipato dei cittadini
ravennati. Si poteva fare di meglio.
Per me l'autore o non ha trovato tutto
quello che cercava o ha trovato tanto materiale e si è stancato nel
trovarlo, perdendo energia per organizzarlo.
Il giovane giornalista ravennate che
lui cita suggerisce uno spunto interessante quando dice “questa è
una storia perfetta, ci sono buoni e cattivi ma forse c'è di più”
(citazione non esatta ma non ho il testo sotto mano). Ecco, secondo
me c'è di più che sentire i sindacati recitare l'ennesimo “se
avessimo potuto, se ci avessero lasciato”, la tragedia della
Mecnavi è molto di più.
C'è dell'altro oltre all'imprenditore
spietato e cattivo, senza scrupoli.
E' uno spartiacque per il porto di
Ravenna che poco tempo dopo perderà un altro attore molto
importante. Ci vorranno decenni e ne servono ancora per ridare
identità al porto.
Detto questo voglio però introdurre la
seconda parte del commento: il libro va' letto ed era necessario in
questo momento, non si poteva aspettare altro tempo.
La cosa migliore dell'autore è aver
capito che non si poteva più aspettare, che il ricordo di questa
tragedia è rarefatto e che altre possono essere alle porte. Sentir
parlare di precariato, di scarsa sicurezza, di abbassare il costo del
lavoro, di inseguire il profitto ha un suono molto attuale, non si
parla di crisi come accade ora ma forse c'erano altri alibi.
Il libro deve essere letto adesso e
deve essere letto da tutti.
Abbiamo perso la sicurezza del lavoro
non possiamo perdere la sicurezza sul lavoro (che pessima frase, però
è uscita così). E il rischio, oggi, si chiama carta. Il rischio è
di aver inventato un nuovo mestiere, quello di chi si occupa di
sicurezza e di non metterlo in condizione di lavorare per un problema
di costi, di costringerlo a far quadrare la carta e non il lavoro.
Sono stato sempre fortunato ed ho lavorato in aziende in cui la
sicurezza era la priorità di tutti ed ho avuto a che fare con RSPP
capaci e presenti.
Leggendo il libro però certe
situazioni disperate del 1987 suonavano tanto attuali.
Il mio consiglio, per quello che vale,
è leggetelo. Leggetelo con attenzione e tenete vivo il ricordo di
una tragedia immane.
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