Sono steso sul divano, ancora non mi sono abituato alla comodità di questo nuovo gioiello del mio salotto.
Guardo Gaia che come al solito è intenta in progetti di gioco serissimi e complicatissimi. Ogni tanto le viene in mente di alzarsi e si mette in piedi e poi, come una grande attrice, cerca approvazione in giro.
E’ consapevole di avere tutta la mia attenzione anche quando non guardo. All’improvviso si risiede con il nuovo controllo dei movimenti che l’anno d’età comporta. Mi fissa e mi fa:
“Cosa avevi fatto prima a tavola, avevi una faccia? Mica discutevi con la mamma?”
N: “No, scherzi ero solo concentrato. Avevo chiesto alla mamma cosa ne pensava di un lavoro che avevo fatto ed ero in attesa di sapere cosa ne pensasse.”
G: “Non avevi una gran faccia, parevi tirato ma ti ha detto che fai schifo?”
N: “No, anzi è stata positiva”.
G: “Mah, sai che io ancora non mi spiego e non capisco bene ma la tua faccia non era rilassata”.
N: “Beh, sai non è facile fare un lavoro cui si tiene tanto e chiedere qualcuno un feedback”.
G: “Perché? Non era mica qualcuno, era la mamma”-
N: “hai ragione però un minimo di chiusura c’è sempre, nonostante la mamma”.
G: “Ma cosa ti ha detto?”
N. “Ha fatto qualche commento sulla forma, in alcuni passaggi non sono scorrevole e poi….ma cosa ti interessa?”
G: “Vai avanti, ho bisogno di capire”
N: “Allora…mi ha poi chiesto di rispiegare un passaggio che non le era chiaro e mi ha segnalato un paio di errori di battitura o di ignoranza, ancora non l’ho capito”.
G: “Hai preso appunti?”
N: “Certo, mi son segnato anche uno spunto che mi ha dato per scrivere altro, una riflessione”.
A quel punto le esplode un sorriso in faccia, uno di quei sorrisi che le esplodono quando capisce qualcosa di nuovo che le piace o le interessa, un sorriso pieno.
G: “Ok, allora adesso mi devi fare una promessa, una di quelle promesse da babbo. Ci stai?”
Che fenomena..
N: “Ma certo, chiedi pure”
G: “Voglio che tu mi insegni a ricevere feedback, voglio che mi insegni ad ascoltare con apertura e senso critico quello che mi dicono gli altri”.
N: “E’ bellissimo, anche a me piace farlo e cerco di farlo”.
G: “No, non hai capito, io voglio farlo con le emozioni. Io lo vedo che tu cerchi di essere predisposto ai consigli, alle annotazioni e vedo anche che prendi appunti, cerchi di trarre spunti da quello che ti dicono, correggi quello che ti segnalano ma vedo che la tua testa dice ben altro quando ascolti, vedo che le tue emozioni non sono di apertura ”.
Ci penso, in fondo ha ragione. La cosa che mi colpisce è che non gli avevo mai dato peso. Provo a buttarla là: “Forse hai ragione ma come vedi sono sempre o quasi recettivo, cosa cambia, riesco comunque a resistere abbastanza alle mie emozioni per non perdere la lezione”.
G: “Hai ragione ma io non ho paura di non capire o di non recepire, io voglio imparare a ricevere i feedback con apertura e con serenità perché questo mi farà stare meglio. Non voglio avere nessuna ansia legata ad una cosa che faccio perché quella cosa sono io ma non è tutta me stessa. E io sono migliorabile mentre tutta me stessa è la cosa migliore che ho da mettere in gioco, non posso aver timore di ciò che mi può far crescere ”.
E’ entusiasta di questa conclusione, lo vedo dagli occhi, è bello vedere la consapevolezza che ha nel tener distinto quello che è da quello che fa.
G: “Quello che sono non è quello che faccio ma se miglioro quello che faccio posso migliorare anche quello che sono. Il feedback è la colazione dei campioni, lo dicono negli USA”.
Mi ha letto nel pensiero, adesso è di nuovo in piedi, barcolla dalla vittoria, si sbilancia e cade e mi fissa.
N: “Brava, ma cerca di non tenere il culo così in dietro che ti sbilanci”. Mi sorride da seduta e mi fa cenno di andare a prenderla, è ora di nanna.
Guardo Gaia che come al solito è intenta in progetti di gioco serissimi e complicatissimi. Ogni tanto le viene in mente di alzarsi e si mette in piedi e poi, come una grande attrice, cerca approvazione in giro.
E’ consapevole di avere tutta la mia attenzione anche quando non guardo. All’improvviso si risiede con il nuovo controllo dei movimenti che l’anno d’età comporta. Mi fissa e mi fa:
“Cosa avevi fatto prima a tavola, avevi una faccia? Mica discutevi con la mamma?”
N: “No, scherzi ero solo concentrato. Avevo chiesto alla mamma cosa ne pensava di un lavoro che avevo fatto ed ero in attesa di sapere cosa ne pensasse.”
G: “Non avevi una gran faccia, parevi tirato ma ti ha detto che fai schifo?”
N: “No, anzi è stata positiva”.
G: “Mah, sai che io ancora non mi spiego e non capisco bene ma la tua faccia non era rilassata”.
N: “Beh, sai non è facile fare un lavoro cui si tiene tanto e chiedere qualcuno un feedback”.
G: “Perché? Non era mica qualcuno, era la mamma”-
N: “hai ragione però un minimo di chiusura c’è sempre, nonostante la mamma”.
G: “Ma cosa ti ha detto?”
N. “Ha fatto qualche commento sulla forma, in alcuni passaggi non sono scorrevole e poi….ma cosa ti interessa?”
G: “Vai avanti, ho bisogno di capire”
N: “Allora…mi ha poi chiesto di rispiegare un passaggio che non le era chiaro e mi ha segnalato un paio di errori di battitura o di ignoranza, ancora non l’ho capito”.
G: “Hai preso appunti?”
N: “Certo, mi son segnato anche uno spunto che mi ha dato per scrivere altro, una riflessione”.
A quel punto le esplode un sorriso in faccia, uno di quei sorrisi che le esplodono quando capisce qualcosa di nuovo che le piace o le interessa, un sorriso pieno.
G: “Ok, allora adesso mi devi fare una promessa, una di quelle promesse da babbo. Ci stai?”
Che fenomena..
N: “Ma certo, chiedi pure”
G: “Voglio che tu mi insegni a ricevere feedback, voglio che mi insegni ad ascoltare con apertura e senso critico quello che mi dicono gli altri”.
N: “E’ bellissimo, anche a me piace farlo e cerco di farlo”.
G: “No, non hai capito, io voglio farlo con le emozioni. Io lo vedo che tu cerchi di essere predisposto ai consigli, alle annotazioni e vedo anche che prendi appunti, cerchi di trarre spunti da quello che ti dicono, correggi quello che ti segnalano ma vedo che la tua testa dice ben altro quando ascolti, vedo che le tue emozioni non sono di apertura ”.
Ci penso, in fondo ha ragione. La cosa che mi colpisce è che non gli avevo mai dato peso. Provo a buttarla là: “Forse hai ragione ma come vedi sono sempre o quasi recettivo, cosa cambia, riesco comunque a resistere abbastanza alle mie emozioni per non perdere la lezione”.
G: “Hai ragione ma io non ho paura di non capire o di non recepire, io voglio imparare a ricevere i feedback con apertura e con serenità perché questo mi farà stare meglio. Non voglio avere nessuna ansia legata ad una cosa che faccio perché quella cosa sono io ma non è tutta me stessa. E io sono migliorabile mentre tutta me stessa è la cosa migliore che ho da mettere in gioco, non posso aver timore di ciò che mi può far crescere ”.
E’ entusiasta di questa conclusione, lo vedo dagli occhi, è bello vedere la consapevolezza che ha nel tener distinto quello che è da quello che fa.
G: “Quello che sono non è quello che faccio ma se miglioro quello che faccio posso migliorare anche quello che sono. Il feedback è la colazione dei campioni, lo dicono negli USA”.
Mi ha letto nel pensiero, adesso è di nuovo in piedi, barcolla dalla vittoria, si sbilancia e cade e mi fissa.
N: “Brava, ma cerca di non tenere il culo così in dietro che ti sbilanci”. Mi sorride da seduta e mi fa cenno di andare a prenderla, è ora di nanna.
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