Mi rendo conto che i miei post una volta avevano un contenuto di altro genere ma anche io mi modifico e non ho mai detto che qui avrei scritto solo di sviluppo manageriale o di organizzazione aziendale. Adesso sono catturato dalla crescita delle mie bimbe e di questo scrivo.
Ok, non saremo mai come la mamme. Loro
fanno quella cosa di crescerli nove mesi, hanno quel rapporto che noi
non possiamo capire. E l'allattamento non c'entra una fava, è una
questione di ruoli.
Questo però non toglie il fatto che
qualcosa si possa imparare. Io ho da tempo abbandonato ogni forma di
competitività con mia moglie per manifesta superiorità sul campo
(sua) e quindi posso studiarla e copiarla senza sentirmi in alcun
modo svilito. Non amo perdere e quindi non mi ci metto neppure.
Bene, ieri sera mentre osservato mia
moglie con la bimba “grande” ho scoperto una roba illuminante.
Ora, prima di rivelarla a tutti voi vi devo avvisare che, come la
maggior parte delle cose illuminanti, è molto banale.
Descrizione della scena.
Gaia intenta a recepire stimoli
esterni, un libricino aperto, i Barbapapà in TV, un gioco in mano,
sveglia iperattiva. Grande voglia di interazioni, si muove molto, si
agita, attira la nostra attenzione anzi, più precisamente, si
accerta di avere la nostra attenzione. Io sulla sedia con lo stesso
sguardo di Alberto Angela quando si ritrova nei pressi di un reperto,
Giulia con tutta al concentrazione verso Gaia: spalle rivolte verso
di lei, sorriso, posizione abbassata sulla sedia, apertura di spalle
e busto.
A quel punto Gaia pronuncia tre suoni
poco comprensibili. Gaia parla abbastanza chiaramente, ha i suoi
tormentoni ma comincia ad articolare veri e propri pensieri. Ieri ha
però detto tre cose, nell'arco di dieci minuti, per me nuove e non
comprensibili. Erano: balena ed elica, rivolte a due scene dei
Barbapapà e pesca, rivolto a quello che c'era sulla tavola.
Ah, dimenticavo, eravamo dai miei
genitori. Tutti siamo rimasti sconcertati, è brutto quando un bimbo
ti guarda, parla e tu non capisci. Vorresti incoraggiarlo ma se ti
pare una lingua elfica fai fatica. Giulia ha immediatamente
interpretato quei suoni correttamente, ricevendo anche una conferma
da Gaia.
Ecco la lezione che ho appreso ieri,
ecco perchè Giulia è una madre incredibile.
Anche lei si bsgalierà, si incazzerà, perderà la pazienza ma lei ha capito la regola del gioco. Un conto è sbagliare, un conto è non capire.
A lei è chiara in testa, irremovibile
e inconfutabile, una assoluta verità nel rapporto fra adulti e
bambini: siamo noi che dobbiamo capire loro, non loro che devono
farsi capire da noi.
Ognuno di noi ha la responsabilità di
quello che dice, del fatto che deve preoccuparsi di quello che gli
altri capiscono. Ma questo presuppone che ci siano eguali capacità.
Chi si lamenta perchè uno straniero che mastica poco italiano si fa
capire male? In genere lo si aiuta e incoraggia per ogni mezza parola
pronunciata correttamente.
Coi bambini è uguale. Attenzione, non
mi riferisco a quando loro cercano di parlare, in questo caso è
facile, per lo più. Io mi riferisco a quando siamo noi che gli
parliamo, che cerchiamo di educarli, di crescerli, di farli
famigliarizzare con le regole che abbiamo deciso essere importanti.
In tutti questi casi dobbiamo usare il loro linguaggio ed adattarci a
loro, non lamentarci perchè non ci capiscono. I bimbi ci capiscono
più di quello che crediamo, solo che noi non sempre stiamo dicendo
quello che crediamo, spesso comunichiamo cose che non ci accorgiamo
semplicemente perchè ci chiediamo se loro ci capiscono mentre siamo
noi che dobbiamo sforzarci di capire loro.
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