Ieri sera ho fatto una lunga chiacchierata con una persona che mi ha raccontato tutte le sue vicissitudini professionali.
Ad un certo punto gli ho chiesto quale fosse stata la grande difficoltà nel passare da una multinazionale americana ad una grande azienda italiana.
Mi ha risposto che la difficoltà è stata adattarsi al metodo di prendere decisioni. Mi ha spiegato che gli americani sono culturalmente datadriven, ovvero si fanno guidare dai numeri nel prendere le loro decisioni. La società italiana prendeva le sue decisioni di pancia e sulla base dell'esperienza, dell'intuito.
Ha concluso dicendo che è stato difficile adattarsi ad uno avendo lavorato ed essendosi formato con l'altro ma che non ha individuato un modo migliore, non promuoveva o bocciava nessuno dei due.
E qui inizia la mia riflessione. Ci sono molte scuole che ci insegnanao come prendere le decisioni, quali aspetti considerare, come fare gestione del rischio, come analizzare possibili scenari, come avere spirito imprenditoriale.
Ma a cosa servono? Come si fa ad avere la certezza di aver preso la giusta decisione?
Non si può. Nel mio solito viaggio in macchina mi sono convinto che le varie scuole che ci insegnano come fare a prendere decisioni servano in realtà ad altro. Non hanno lo scopo di abbassare il livello di rischio, hanno l'obiettivo di darci la giusta spinta nel perseguire la nostra decisione. La grande azienda italiana che decide di pancia o la multinazionale statunitense che prende decisioni in base ai numeri si assumono ugualmente dei rischi. La differenza è che il management di cultura americana, per essere motivato e determinato nel perseguire i propri risultati ha bisogno del conforto numerico, il management italiano ha bisogno di credere in qualcosa, di visualizzare un traguardo.
Quindi, se parliamo di livelli di professionalità così alti, non ritengo ci siano metodologie più vincenti di altre, ritengo che ci siano situazioni che ci rendono la scelta più o meno perseguibile e che quindi ci motivano diversamente rispetto alla stessa.
In fondo, fra le varie scuole di pensiero c'è anche chi dice che una scelta, per essere veramente tale, deve essere emotivamente accettabile. Credo che sia più che corretto, se poi per renderla emotivamente accettabile servono numeri, serve la storia, serve la logica o serve l'intuito, poco importa. La cosa importante non è la decisone ma come la si porta avanti.
La stessa cosa coi propri collaboratori. Cosa li convince che la scelta e la direzione in cui li portate è corretta? Il conforto dei numeri, la condivisione del progetto, la spiegazione logica oppure semplicemente la leadership del capo. In ogni caso credo che l'unica vera leva sia il coinvolgimento, sia il comunicare e condividere le scelte e le decisioni. In questo modo si capisce se sono emotivamente accettabili e condivise e se quindi avranno successo oppure no.
Cosekeso?
Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.
Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"
ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili
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