Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

martedì 29 novembre 2011

Una favola

Un giorno, per una strana casualità di eventi, la foresta prese fuoco. Prima solo poche foglie ma, molto rapidamente, gli alberi si incendiarono e la foresta si trasformò in un incubo. Gli animali si affrettarono per scappare e rifugiarsi nello spiazzo adiacente al fiume, al riparo dal fuoco. Mentre tutti si rincuoravano per lo scampato pericolo o cercavano un amico o un parente, dalla foresta schizzò fuori un colibrì, si tuffo senza rallentare nel fiume e ne riuscì con il becco colmo di tutta l’acqua che poteva portare, una sola goccia. Si rialzò velocemente in volo e si ridiresse verso la foresta dove lasciò cadere al suolo l’unica goccia d’acqua che trasportava. A quel punto si girò di nuovo e fece per ripetere la stessa operazione quando dal gruppo di animali feriti e spauriti qualcuno gridò “fermati, cosa fai mettiti in salvo”.

Un attimo prima di immergersi nuovamente nel fiume il colibrì rispose “faccio la mia parte”.

Questa è una bellissima storia che un mio contatto di Instagram ha fotografato e pubblicato. Mi piace molto e al contempo motiva molto. L’immagine del piccolo uccello che con grande coraggio sfida il fuoco e le paure degli altri animali è molto tenera e, ammettetelo, un po’ fa coraggio. Mentre l’abbiamo letto ci siamo sentiti tutti un po’ più forti. Credo che ognuno di noi si sia guardato attorno per vedere se c’era qualche fuoco sul quale gettarsi. Ci siamo sentiti un po’ il dovere di essere più forti di quel piccolo uccello, punti sul vivo: un essere così piccolo che lotta dove leoni, elefanti e altre bestie immense non se la sono sentita. Nel momento stesso in cui si legge la semplice frase “faccio la mia parte” ci si sente il dovere di farlo anche noi.
Bene, una cosa è chiara nella storia ma passa in secondo piano: il colibrì fa con coraggio una parte, solo che fa quella sbagliata. E’ evidente che, nella migliore delle ipotesi, farà una serie di viaggi a vuoto; nella peggiore al secondo rimane affumicato, precipita e quindi viene sopraffatto dalle fiamme. Certo, potrebbe anche smuovere tutti gli animali ad una lotta contro il fuoco e diventare il simbolo della nuova forza della comunità della foresta. In un bel film Disney è possibile.
Ecco come secondo me è andata la cosa.
Il colibrì riemerge dal fiume e il leone lo ferma con una zampata. Guarda gli animali, accarezza il colibrì e gli chiede “com’è la situazione?”. Il colibrì prova a divincolarsi e dice “c’è un unico grande fuoco, la parte più grande è sotto l’albero centenario, il resto sono piccoli fuochi”.
“Bene”, prosegue il leone, “Cosa serve?” dice rivolti agli altri.
Salta su la zebra che dice “servirebbe tanta acqua alla base dell’albero centenario ed una cintura d’acqua attorno allo spiazzo per non far progredire l’incendio e fermare anche i piccoli”.
“Ottimo” disse il leone.
“Potremmo andare noi”, dissero in coro i 3 elefanti, “portiamo acqua sufficiente”.
“Grazie ragazzi ma come farete a raggiungere il centro?”.
“Passando da est”, disse il fenicottero, “sono appena stato in alto ad osservare e ho visto che a Est è già tutto bruciato, il fuoco non brucia due volte lo stesso terreno”.
“Noi vi faremo largo abbattendo gli alberi”, dissero i rinoceronti.
“E noi vi seguiremo con una scorta d’acqua”, dissero gli ippopotami e i coccodrilli.
“Bene ragazzi, voi aquile ci aggiornerete dall’alto”, aggiunse il leone raccogliendo l’assenso dei grandi rapaci mentre si levavano in cielo. “voialtri state qui, raccogliete le informazioni e date ristoro a chi si riposa. Nessuno si faccia del male”.
Ecco, proviamo a pensare a questo, proviamo a pensare che ognuno deve fare la propria parte, ognuno deve poter dare il proprio contributo in quello che gli viene bene, gli piace, lo diverte. I gesti eroici non vanno imitati. Non dovrebbero servire (beata la terra che ha eroi ma ancor più beata quella che non ha bisogno di eroi) perché il nostro dovere non è essere eroici. Il nostro dovere è fare la nostra parte, il difficile è capire ed accettare qual è la nostra parte.

sabato 19 novembre 2011

Superficialità decisionale, un altro superpotere dei Dirigenti

Torniamo a parlare di Dirigenti e di superpoteri. In un recente post ho rivelato al mondo che uno dei superpoteri è lo “strabismo dirigenziale”. Non avendo ricevuto minacce di morte da parte della classe dirigente ne rivelo un altro. Mi sento un po’ Julian Assange, fino a quando non rivelerò qualcosa di scomodo mi lasceranno stare…poi vedremo.


Un altro superpotere del dirigente è la “superficialità decisionale” (il termine è infelice ma è colpa della traduzione dall’originale sanscrito). Cosa si intende, cosa è in grado di fare il vero Dirigente? Evita di entrare in dettagli assurdi nella gestione delle attività, evita di prendere decisioni a livello micro e si assume il rischio delle grosse decisioni di superfice. Non deciderà come declinare tecnicamente un progetto, semplicemente valuterà e deciderà se realizzarlo, il progetto.

Per quanto possa essere attratto dai propri collaboratori in problemi micro, il vero Dirigente è in grado di esercitare la delega, in alcuni casi di imporla. Si è circondato di persone capaci ed è sicuro della correttezza delle loro scelte. E’ conscio che le rotte si tracciano indicando grandi obiettivi e cerca di evitare di cadere nella grande trappola del manager: accumulare una serie di decisioni micro che portano l’azienda in una direzione non voluta. Sono i piccoli cambi di rotta a far perdere la meta. Il Dirigente lo sa e governa dall’alto la rotta, guardando fisso l’obiettivo e supportando i suoi collaboratori. Ma non si immerge nei dettagli, è consapevole che facendolo rischierebbe un giorno di alzare la testa e non vedere davanti ai suoi occhi la terra promessa.

Per capirci, è un po’ come se entrassi in un negozio e volessi una camicia e me ne uscissi con una tshirt perché in fin dei conti ho scelto le maniche corte, ho scelto qualcosa di più colorato, ho scelto di non avere nulla che mi stringe al collo, ho scelto qualcosa di facile da stirare. Semplici risposte a semplici problemi. Ma adesso ho una tshirt e non una camicia. Diverso, per esempio, se avessi scelto di volere una tshirt dopo aver scoperto che c’era l’opportunità di averne una. Nel primo caso sono state le piccole scelte a guidarmi fuori strada, nel secondo è stata una valutazione più strutturale a portarmi a rivedere i miei bisogni.

Direi che questo superpotere potrebbe far comodo anche ad ognuno di noi, quante volte a seguito di piccole scelte, magari innocue, ci siamo ritrovati con la nostra vita fuori rotta? E’ giusto lottare ogni giorno e confrontarsi con la quotidianità ma non dobbiamo avere paura di porci domande grandi.

martedì 15 novembre 2011

I 7 vizi capitali nelle aziende. Dai, ormai era ora che lo facessi anche io

Eccoci, ormai ho scritto diversi post e credo di essermi guadagnato anche io il diritto a scrivere “i 7 vizi capitali in azienda”. Tutti coloro che scrivono, per passione o per mestiere, di aziende e organizzazioni sognano di poter far coincidere una propria riflessione con i “7 vizi capitali” oppure i “10 comandamenti”.


Quando mi sentirò pronto credo che non resisterò ai 10 comandamenti, pe rora limitiamoci ai 7 vizi capitali. Probabilmente non dirò nulla di nuovo ma, visto che siete già qui, fate prima a leggere che non ha cercare su internet chi in passato ha già scritto cose intelligenti.

Invidia, credo che qui non sia neppure necessario entrare in troppi dettagli, l’invidia è un rischio e in azienda si può manifestare in diverse direzioni e con differenti pesi. Si può trattare di invidia per un ruolo, un progetto assegnato, una promozione, un benefit ma anche pe runa scrivania, un portatile, un software più aggiornato, un blackberry più nuovo e, questa è esperienza diretta, un tubo di scappamento in più sull’auto aziendale. Ci sono invidie che possono essere contenute e gestite, l’azienda deve essere equilibrata e equa e altre che proprio sono inevitabili, ma direi che entriamo nella sfera dei problemi personali e non nelle mancanze dell’azienda. Credo che sia importante avere policy chiare per evitare che si manifestino situazioni di invidia dovute a cattive gestioni ma credo che più di queste serva trasparenza e comunicazione.
L'immagine non c'entra ma mi piace

Pigrizia. Tutti noi abbiamo avuto a che fare con coloro cui “casca la penna” o “hanno la spalla tonda” (dicesi di lavativo cui non puoi appoggiare nessun carico sulla spalla in quanto la conformazione rotonda della stessa lo farebbe inevitabilmente scivolare a terra).

Cosa fare in questi casi? Diversi i tentativi fatti: open space per creare effetto trascinamento, gestione diretta del personaggio con spalla tonda, assegnazione di compiti e attività ritmati a cadenzati. Probabilmente non è servito a nulla. Allora cosa fare? Direi che la cosa importante è fare in modo che non si crei un effetto trascinamento ed affrontare la cosa direttamente con il soggetto, cercando di capirne le ragioni. Magari è motivazione, magari non gli piace quello che fa. Ma guarda, la soluzione è di nuovo parlare con le persone.

Superbia. Avete voluto nominare dei nuovi dirigenti? Bene, adesso vi trovate in un mondo di spocchia. Anzitutto ricordatevi che la superbia è dannosa. Forse è il vizio capitale che viene maggiormente giustifica, per la serie, “è molto bravo, un po’ superbo ma in fondo è molto capace”. Non giustificatela, è dannosa per gli altri. Come gestirla? Benzina e fiammiferi. No, dai, ancora una volta serve comunicare e dare peso ai giusti valori in modo che certi atteggiamenti non trovino soddisfazione.

Ira. Vorrei dire a tutti i manager, i dirigenti, i capi intermedi ecc ecc che gli anni ottanta sono finiti. Il capo che urla, sbraita e il cui umore influenza tutto l’ufficio non è più accettabile. E, invece, il mondo ne è ancora pieno. Rendetevi conto che ormai collaboratori e colleghi non sono più spaventati da un collega o un capo che urla e sbraita, semplicemente lo compatiscono e lo aggirano, lo isolano. Fate attenzione.

Avarizia. Intendiamola relativa alla risorsa più importante che abbiamo al lavoro: il tempo. Essere avari di tempo con colleghi e collaboratori, non prestargli attenzione, non dedicargli spazi porta a tutti gli altri vizi capitali ed anche a tutti i mali che una organizzazione può sviluppare. Non aggiungo altro.

Lussuria. Non pensate solo ad amplessi su scrivanie sul far della sera. Pensate a tutte i riferimenti di natura sessuale. Ormai il nostro linguaggio è pervaso dal sesso, farlo entrare in azienda è, ancora e per fortuna, un tabù. Su questo aspetto però la cultura organizzativa può fare molto, il finto perbenismo può aiutare.

Gola. Molti hanno dato una lettura anche a questo vizio capitale, io non riesco a declinarlo bene quindi evito forzature.

Però aggiungo altro, qualche altro vizio capitale.

Io ci metterei il pettegolezzo. In molte aziende, anzi in tutte, c’è la famosa “radio scarpa” o il “comitato della macchina del caffè”, insomma, momenti non ufficiali in cui circolano e si ingrandiscono informazioni non ufficiali. Tutti sono consapevoli che al caffè una buona fetta di quello che viene detto non corrisponde a verità però….”un fondo di verità ci sarà, altrimenti non ci sarebbe la voce in giro”. Il rimedio è sempre quello, non lo ripeto neppure.

La competitività è un altro vizio capitale. Ora, tutte le società commerciali diranno che è sano creare un ambiente competitivo. Concordo, non è opportuno creare competitività. Mi spiego meglio. Motivare i venditori a raggiungere risultati superiori, magari premiando con cerimonie vistose i migliori non è per forza sbagliato. Esasperare la competizione fino al punto che ogni venditore è convinto di dover battere il collega e non di dover fare più fatturato è un rischio. Fate in modo da avere una squadra che gioca coi propri risultati, che si stimola e non che gareggia su questi. Il rischio di creare gente competitiva, disposta a tuto pur di vincere, è molto alto. Invece, specie in questo momento, serve poter contare sul supporto di ogni collega per poter portare a casa ogni centimetro in più di mercato.

lunedì 14 novembre 2011

Reputazione on line

Negli ultimi cinque giorni mi sono imbattuto un paio di volte nel tema della reputazione.
Anche le vicende politiche hanno dato risalto a questo aspetto, la reputazione.
Ho sbirciato su Wikipedia per vedere se al riguardo c'erano info che mi sfuggivano ma direi che reputazione è un concetto molto semplice e molto condiviso. E' facile capire di cosa parliamo, non è così facile costruirsene una, almeno in positivo. Anche una bella reputazione in negativo non è così scontata, in realtà.
Intanto, come detto, reputazione ha accezione sia positiva che negativa. Riguarda la credibilità di un individuo, cioè quanto questo individuo è considerato essere portatore e diffusore di verità.
Attenzione, portatore e diffusore. Se siamo luminari ma diciamo idiozie non avremo una bella reputazione. Ecco perchè di certi politici si dice che sono intelligenti (di chi?!?!) ma magari non hanno una grande reputazione, usano male il loro potenziale.
Ma non volevo infilarmi in questo, volevo soffermarmi sulla reputazione su internet. Ci sono mille canali, mille strumenti attraverso i quali ci esprimiamo. L'ho già scritto in passato, basta un'anzianità su un forum a rendere una persona più autorevole di un'altra.
Io credo che quello di crearsi una reputazione positiva sia uno degli aspetti più interessanti di essere su internet.
Uno magari comincia a scrivere un blog, all'inizio lo leggono solo gli amici, se è fortunato e bravo gli amici lo segnalano agli amici degli amici e si arriva ad avere un minimo di seguito. Dopo questa prima fase il neo blogger comincia a leggere il pensiero di altri blogger, sbircia fra i post e comincia a inserire commenti. All'inizio con grande attenzione ad essere equilibrato. Il suo obiettivo è essere apprezzato come commentatore per attirare sul suo blog qualcuno con atteggiamento positivo.
La svolta avviene quando un blogger con molto seguito comincia a seguirti e a commentarti.
Io credo che siamo arrivati qui, ci sono blogger che sono "fari" per i liberi pensatori di internet e altri che aspirano a diventarlo. Altri, come me, che vogliono esprimere dei pensieri e che sperano che un giorno due persone speciali li leggeranno e sorrideranno. Spero di lasciare una fotografia di questi anni attarverso quello che penso e scrivo.
Ma torniamo a noi, adesso che ho esplicitato la mia mission da blogger.
I blogger stanno assumendo un ruolo cruciale anche nel dare indicazioni per il mercato. Se decido di scrivere qualcosa sul mio altro blog (motociclistidatavola.blogspot.com) e chiedo ad una casa di moto del materiale informativo loro sono ben contenti di darmelo e mi chiedono anche di dirgli quando sarà pubblicato il mio post. Io non ho le competenze per fare analisi serie e tecniche delle moto che provo e difendo la mia reputazione chiarendolo prima di ogni post di prova, mi limito a dire che parlerò di sensazioni personali. Così come ho deciso di recensire solo locali che ritengo interessanti e di non esprimermi verso locali nei quali non mi son trovato bene.

Bene, come gestirà internet questo aspetto, saremo in grado, una volta costruita una reputazione con anni di post di preservarla da chi ci chiede di provare un prodotto o di visitare un sito? Personalmente non avrò questo dubbio, piccolo blogger sono e piccolo blogger conto di rimanere, ma come faremo a difenderci dall'autoreferenzialismo di internet?  Non ne ho idea, certo che già ora molte persone cercano i pareri dei blogger più che quelli delle riviste di settore che sono "ammorbiditi" dalle pubblicità necessarie alla rivista. Lo vedo nelle moto, come dicevo. Quello che viene detto su un forum o su un blog è letto con maggiore attenzione di quello che viene detto dalla rivista del settore. credo che questo sia un grande vantaggio per tutti noi, a patto che difendere la reputazione resti un must per chi scrive.

p.s. se qualcuno vuole che scriva bene del suo servizio o prodotto non ha che da mandarmi una mail cui seguirà mio preventivo dettagliato......ehehehehheheheh

giovedì 3 novembre 2011

Gaia e la sorellina

G: “Ohi babbo”.

N: “Dimmi”, ero sovrappensiero, pensavo ad altro e non mi ero accorto che piano piano Gaia si era avvicinata a me.
G: “Ho pensato molto alla sorellina”
N: “Bene, cosa hai pensato?”
G: “Ho pensato che dato che io sono quella grande volevo scriverle una lettera di benvenuto per dirle cosa ho scoperto che è importante. Così parte avvantaggiata”.
N: “Bellissimo, cosa hai pensato, vuoi leggermelo” (Perchè Gaia legge e più che altro, Gaia scrive?!)
G: “Ciao, io ho più di un anno in più di te e volevo darti un paio di dritte sulla vita. Anzitutto non ti devi preoccupare di fare i tuoi bisogni e di mangiare, pare che all’inizio si all’unica preoccupazione che hanno genitori e nonni.”
N: “Giusto, giusto, vogliamo che sia affamata e che si liberi”
G: “Poi volevo insegnarti altre cose. Anzitutto cerca di essere felice, io farò quello che posso per aiutarti, ma tu cerca di essere felice, di essere leggera. Cerca di piacere a te stessa, piacere agli altri è come cercare di baciare un sedere che balla”.
N: “GAIA!!!”
G: “E’ un modo di dire. Comunque, cerca di piacere a te stessa, cerca di essere il meglio per te stessa e sarai il meglio per il mondo. Cerca di essere curiosa, scopri cosa ti incuriosisce di più, potrebbe essere quello che farai nella vita. Ascolta le tue passioni e coltivale, non sono mai una perdita di tempo. Non dare mai nulla per perso, se cominci a studiare chitarra a vent’anni quando ne avrai solo trenta saranno già dieci anni che la studi, un mucchio di tempo. Ascolta la musica, è il modo migliore che ho trovato per famigliarizzare con le emozioni. Scopri le emozioni e dagli un nome, non pensare sempre e solo a gioia a tristezza. Fidati di me, sempre. Io mi fiderò di te, ciecamente. Ti strapperò i capelli, mi ruberai i vestiti, ci urleremo di tutto ma se mai avrai bisogno di me non servirà neppure che tu me lo dica, mi troverai lì. Cerca di dire sempre quello che pensi, impara a dire le cose nel modo giusto ma non smettere mai di dire quello che pensi. Ricordati sempre che sei figlia unica, a chiunque ce lo chieda noi diremo che siamo due sorelle figlie uniche, non siamo copie o duplicati, siamo uniche, come persone”.
N: “Gaia è molto bello, brava”.
G: “Non ho finito”.
N: “Scusa, procedi”.
G: “E infine ricordati: i miei vestiti sono miei, il mio scooter è il mio scooter, i miei trucchi sono i miei trucchi e, soprattutto, i miei filarini sono i miei filarini. Mi sono spiegata. Ricorda che sono la maggiore, sempre!!!”
N: “Ma, Gaia…”
G: “Magari l’ultima parte la tolgo”.