Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

sabato 31 marzo 2012

Burocrazia e buon senso. Un posto migliore per me, prima che le mie figlie

Personalissimo post di sfogo.
Il 22 è nata la mia seconda bimba, Bianca, avrete letto il post.
Bene, in ospedale c'è la possibilità di registrare all'anagrafe la nuova nata direttamente da un ufficio all'interno dell'ospedale stesso. Bella cosa, così mi risparmio di andare in Comune che, con due bimbe piccole, non è così facile da gestire. Anche se si è genitori per la prima volta, i giorni post nascita sono sempre un po' deliranti, il servizio in ospedale è molto utile. Vado è trovo una signora gentilissima, lo specifico perchè quello che mi fa incazzare non sono le persone ma il processo, che registra a mano su un modulo i dati miei e di mia figlia. Prima assurdità: Giulia ed io siamo sposati e quindi la registrazione di mia figlia poteva farla anche un nonno, non lo fossimo stati avremmo dovuto farla lei ed io entrambi fisicamente presenti. Mah. Pausa di rifelssione. Altro mah.
Comunque, siamo nel 2012 e viene ancora compilato un modulo a mano che poi viene spedito via raccomandata in Comune.
Non voglio mica dire che basterebbe una postazione con un collegamento alla pagina dell'anagrafe e uno da solo si registra la figlia, però almeno un documento elettronico da inviare attarverso PEC si poteva fare. Forse ci risparmiamo pure i soldi delle raccomandate. Da dire che il servizio in ospedale in realtà non sembra molto apprezzato, da inizio anno si sono registrati solo una trentina di bimbi. Però in reparto non c'è un cartello che dice "ehi genitori, invece di sbattervi per andare in comune, intanto che aspettate che facciano la visita alla vostra compagna, fatevi due passi e andate a registrare il vostro erede in ospedale".
Io credo che pirma di chiedermi altri soldi in tasse si potrebbe:
1. eliminare il servizio anagrafe dal comune, i figili nascono in ospedale, la registrazione si fa lì.
2. se un figlio viene riconosciuto basta uno dei due presenti al momento del concepimento per registrarlo, non perdiamo il buon senso, mai.
3. eliminare l'invio della raccomandata, non solo costa dei soldi, è anche una perdita di tempo (dato che, ad esempio, io non riesco a presentare la domanda all'asilo corredata di ISEE perchè la raccomandata è partita, è in viaggio, ma non è arrivata e il tempo per presentare la domanda scade).

Preciso nuovamente che le persone che sono state coinvolte in questo giro sono state molto intelligenti, disponibili e squisite, le ringrazio pubblicamente per aver fatto sempre mezza cosa in più rispetto a quello che veniva richiesto. Purtroppo nel tentativo di erogare un servizio intelligente si è fatto un obrobrio.
Come disse una volta uno che conosco: "complimenti, hai trasformato una buona idea in una cazzata".

Forza e coraggio che di assurdità così è piena l'Italia e sono soldi risparmiabili a tempo zero. Ripeto, a tempo zero, non servono giorni, mesi, anni per sistemare questa cosa. La PEC a me e all'azienda in cui sono l'hanno imposta, perchè fra aziende comunali e statali non funziona?
Per fare un'Italia che funziona meglio si può anche partire da piccole cose, non dobbiamo per forza pensare di fare un paese migliore per i nostri figli, pensiamo di farlo in primis per noi, adesso. Non solo domani, miglioriamo ciò che è possibile adesso. Il tempo fa una gran differenza. Proviamo ad essere egoisti, ragionare in maniera altruistica, anche se rivolta ai nostri figli, non funziona, siamo sempre lì. Facciamo gli egositi, ci sono un mucchio di piccole cose da sistemare subito per rendere l'Italia un posto migliore, già dal prossimo mese. E oggi è il 31, intendo aprile, con prossimo mese.
Resto a disposizione per enti privati per proposte di miglioramente concreto immediato.

giovedì 22 marzo 2012

Ben arrivata


Ciao Bianca, benvenuta al mondo. Mi fai impazzire, proprio come tua sorella. Ho passato nove mesi a chiedermi come fosse possibile amare un'altra persona oltre tua sorella, mi è bastato vederti per capirlo.
Vorrei dirti mille cose ma mi vengono solo sciocchi suggerimenti, accontentati, fortunatamente tua mamma e tua sorella sono persone eccezionali, potrai imparare molto da loro.
Prenditi sempre del tempo solo per te, sei parte della nostra tribù e lo sarai per sempre. Ogni tanto sparisci, dedicati solo a te.
Quando avrai almeno trent'anni, pesati una volta a settimana, non per il peso, ma per rispettare la tua salute per quando ne avrai il doppio, di anni.
Leggi bei libri, aiutano a sorridere. Impara a sorridere, come fa Gaia. Leggi tanto, ti aiuterà a capire i tuoi pensieri.
Sfoglia le riviste, ogni tanto prendi una rivista e guarda solo le foto, ti aiuterà a mettere in ordine il cervello.
Non aver paura di copiare, se c'è qualcosa di bello in giro fallo tuo. Però rispetta chi l'ha fatto per primo.


Guarda la tv e naviga su internet, non puoi prescindere dal mondo in cui vivi, conoscilo, non limitare gli stimoli che ricevi, impara ad analizzarli e a sceglierli.
Chiedi aiuto, io ci sarò sempre ma se impari a chiedere aiuto ti stupirai da quante persone ci saranno per te.
Fidati di noi. Ascolta tua sorella e fatti ascoltare da lei, il mondo vi appartiene, state vicine.
Impara a dare un nome alle tue emozioni, non accontentarti di felicità e tristezza, ne meriti di più, ne puoi vivere di più.
Usa la testa, anche per capire quando non usarla. Cerca di prendere le cose seriamente e la vita con leggerezza.
Non darmi sempre retta, sono una persona, la cosa più naturale che posso fare è sbagliare.
Se prendi un gelato non prendere gusti light, bacio, nocciola, panna montata, crema catalana questi sono gusti veri.
Vivi di passioni, ci vuole poco tempo per imparare a suonare decentemente uno strumento, per imparare uno sport, per coltivare un hobby. Non pensare mai che sia troppo tardi per iniziare. Canta. Gioca seriamente, il gioco è la cosa più importante e seria che ci sia.
Attenta allo zucchero.
Non bere mai per essere felice, bevi solo per essere più felice.
Lascia parlare gli altri, ascoltali, capiscili ma poi fai come ti pare.
Cambia opione tutte le volte che ritieni, le opinioni non fanno la coerenza delle persone, i valori la fanno. Rispetta il tuo tempo.
Quando sarò vecchio porta pazienza, se tanto mi da tanto sarò un brontolone.

venerdì 2 marzo 2012

Bisogna essere intelligenti per non aver ragione


Tempo fa ho scritto un post estremamente intelligente riguardo all'importanza di ascoltare bene le domande che ci vengono poste prima di rispondere e di come il rischio principale sia quello di rispondere quello che sappiamo e non quello che ci viene chiesto.
Bene, proseguiamo sul filone dell'ascolto per affrontare un altro aspetto importante. Il titolo è “bisogna essere intelligenti per non aver ragione”.
Nei miei anni di lavoro mi sono confrontato con tante persone e spesso su posizioni discordanti. Fino ad oggi ho sempre apprezzato la capacità delle persone di difendere i propri ragionamenti ma oggi, a fronte di un confronto con un ispettore, mi sono reso conto di come le persone difendano maggiormente la propria necessità di mantenere la ragione rispetto ai contenuti delle loro tesi.
Ho pensato a quante volte ho sentito persone modificare le proprie affermazioni, anche in maniera impercettibile per poter mantenere la ragione.
La foto non c'azzecca ma mi piaceva
Ecco che sono arrivato alla conclusione che per non aver ragione è necessario essere dotati di grande intelligenza. Perché avere la lucidità per capire che il nostro interlocutore ha ragione e l'umiltà per ammetterlo è difficile. Siamo talmente concentrati sul non perdere la ragione che non ci rendiamo conto di contraddire la nostra posizione. E' incredibile quante volte accada. Nessuno è più disposto ad affermare di non aver ragione, si arriva per approssimazioni successive ad un compromesso. Per esempio, se io sostengo che la terra è piatta e il mio interlocutore sostiene che è tonda, arriveremo progressivamente ad essere d'accordo sul fatto che sia effettivamente ovale sorprendendoci di come stessimo dicendo entrambi la stessa cosa. Quante volte ho sentito discussioni chiudersi con un “stavamo dicendo la stessa cosa e non ce ne siamo accorti (grassa risata di sollievo per non aver perso la ragione da parte di entrambi)”.
Non è vero, adesso diciamo la stessa cosa perchè non riusciamo a tollerare l'idea di non aver ragione e piuttosto cambiamo piano piano idea. Questo quando non ci rifugiamo in un'ottusa sordità e rifuggiamo qualsiasi confronto, tanto abbiamo ragione.
Bene, riprendendo il filo, bisogna essere molto intelligenti per avere la lucidità di capire che non si ha ragione mentre tutto il nostro cervello è impegnato per non perderla, la ragione. Mentre ogni singolo neurone lotta strenuamente per avere ragione non è facile rendersi conto che non si ha ragione, specialmente nella concitazione di una discussione.
Ma perchè tutto questo? Perchè adesso che ci penso, a mente fredda, coi neuroni disponibili, posso dire che avevo torto, cazzo. Fortuna che l'ispettore non se ne è accorto.

giovedì 1 marzo 2012

Due lezioni dallo sport


In questi giorni sono stato in contatto con gente che fa sport a livello professionistico. Con loro ho avuto modo di parlare di lavoro in team e di chiarirmi molto le cose.
Molte volte le aziende hanno “pescato” dagli ambienti sportivi dei testimonial per affrontare temi di carattere organizzativo.
Ma cosa può seriamente insegnarci lo sport? O meglio, lo sport può realmente insegnarci qualcosa?
Secondo me sì e in queste settimane l'ho capito meglio.
Ci sono due concetti di cui molte aziende riempiono le loro carte dei valori o tentano di far passare come elementi distintivi della cultura organizzativa ma che difficilmente si sostanzia.
Il primo è quello di obiettivo. Molte aziende ormai si definiscono aziende tese verso l'obiettivo e affermano di lavorare per obiettivi. Però sappiamo che l'essere umano si trova meglio nei successi che negli insuccessi e che gli obiettivi hanno maggior valore se hanno a che fare con premi economici.
Ecco, nello sport non è così. Gli obiettivi sono sempre sfidanti e chi fa sport non vince tornei e competizioni per soldi, lo fa per centrare l'obiettivo. Quando comincia a farlo per soldi in genere comincia a vincere un po' meno. Quindi il mondo dello sport può insegnarci a perseguire i nostri obiettivi a prescindere dagli aspetti economici, solo per gusto di eccellenza. Ne vale la pena? Io credo di sì, credo che lavorare sulla nostra reale abitudine a perseguire obiettivi sfidanti sia molto importante.
Altro aspetto è quello del lavoro in team. Il mondo dello sport lavora sempre in team e lo fa sul serio. Molte volte, nella mia minima esperienza in azienda, ho sentito confondere un lavoro in sequenza con un lavoro in team. Mi spiego, se ci riesco. Se a monte del mio lavoro c'è quello di un collega e, a mia volta, il mio lavoro serve ad un altro collega questo non è un lavoro in team, è una sequenza di attività e basta. Il fatto che l'ufficio preventivi comunichi all'ufficio acquisti alcune nuove condizioni che ha stabilito con un fornitore non è lavorare in team, è circolazione delle informazioni. Se invece l'ufficio preventivi, in sede di preventivazione, coinvolge l'ufficio acquisti nella discussione con un fornitore e magari coinvolgono anche l'ufficio progettazione per farsi avvallare una modifica tecnica, ecco, in questo caso assomiglia di più ad un lavoro in team.
A mio modo di vedere uno degli sport che meglio fotografa la reale definizione del lavoro in team è la pallavolo, dove l'interazione fra i vari atleti è obbligata, dove ci sono specializzazioni ma dove c'è anche la capacità di inserirsi al posto di un compagno fuori posto o in difficoltà.

Ok, forse mi sono un po' incasinato, proviamo a ricapitolare. Dallo sport, in questi ultimi giorni, ho imparato che gli obiettivi ci sono e non vanno modificati per essere raggiunti, vanno conquistati. Nessun atleta parte per la finale dei cento metri e, dopo cinquanta metri, pensa “Ok, Bolt è troppo veloce, argento è perfetto lo stesso”. Magari alla fine sarà comunque soddisfatto ma correrà comunque per raggiungere Bolt.
Ho anche imparato che il fatto che un lavoro sia fatto da due o più persone non vuol dire che sia un lavoro di squadra. L'interazione, lo sviluppo ed il supporto reciproco, lo stimolo continuo e la condivisione fanno un lavoro in team.