Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

venerdì 12 aprile 2013

Dalla misura in bagno alle medie a Runtastic, nuove frontiere del machismo.

Allora, questo RunStatic (versione personale di Runtastic) aiuta. Sopratutto a noi maschietti piace misurarci, sin dalle medie. Lo dimostra il numero di condivisioni su Facebook di Km, tempi, ritmi e commenti del tipo “20 km ma non avevo voglia di tirare, avevo poco tempo”.
Insomma, l'idea di poter misurare qualcosa ci affascina, è magnetica.
Siamo passati da righello e bagno a cellulare e Facebook ma non cambia molto.
In questo devo dire che l'app è ben fatta, facile con poche ma utili informazioni.
Alla luce delle prime due uscite in cui ho tarato la mia performance e ho visto il mio livello fisico oggi ho potuto fare una scelta di allenamento consapevole.
Già questo ti gasa e ti motiva. Scelta di allenamento consapevole....cazzo come suona bene.
Visto che al momento la durata dell'allenamento è vincolata al tempo che riesco a ritagliarmi ho valutato di migliorare il mio ritmo. Quindi oggi son partito con lo scopo di far salire la mia velocità media.
Motivato e carico scendo in strada come una belva, mi son dato un obiettivo raggiungibilissimo, lo scopo è di ottenere un risultato ben oltre il mio obiettivo. Ok, uso ancora trucchetti da psicologo da 4 soldi. Però partire da 4, darsi come obiettivo 5 sapendo che tirando alla morte di può fare 6 mi aiuta. Sono carichissimo, unica cosa che stona è la berretta gialla di lana: è un caldo atroce ma mi serve per tenere le cuffie nelle orecchie e motivarmi.
Vangelis con “Conquest of Paradise” è l'inizio ideale. Le gambe prendono ritmo con la musica, capisco la frase “la corsa è il modo che ha l'uomo per volare”. Sto volando, gli appoggi dei piedi sono leggeri, non sembra che debbano sopportare l'urto di così tanti kg, sembro leggero, sono veloce, accelero una volta, due, tre, ma quante volte posso cambiare ritmo, sto correndo, non penso a quanta strada farò, il giro è già deciso, sto solo volando assecondando le mie gambe bramose di risultati epici. Corro, sono troppo veloce ma non importa, sento che ce la posso fare, ho il cellulare in tasca che lavora nella mia tasca scatenando tutta la sua intelligenza per registrare l'incredibile e renderlo epico.
E l'incredibile avviene. Arrivo stremato, mani sui reni e poi in tasca per spegnere Runstatic. Sono troppo appannato per leggere, mi riprendo, recupero fiato mentre non mi si spegne un sorriso di soddisfazione. Leggo: velocità media 9,24 con punta massima 15,21. Distanza percorsa 147 metri. I 147 metri più veloci della mia vita. Grazie Runtastic.

lunedì 8 aprile 2013

Suonare le pause e rilassarsi

Quando ero alle medie avevo anche musica, fra le materie da studiare. Mi piaceva ed andavo pure benino. Purtroppo mi sono auto-scoraggiato dal suonare uno strumento e non sono mai andato oltre al piffero. Ricordo però che l'insegnante ci ripeteva spesso di “suonare con attenzione anche le pause”, che le pause erano sullo spartito ed avevano anche loro una componente nella melodia, erano musica.
Lo scorso mese ho fatto un corso per diventare un lettore volontario di “Nati per Leggere” e a distanza di 20 anni mi è stato detto “mi raccomando le pause, sono parte integrante del racconto”.
Anche quando ho fatto “Improvvisazione Teatrale” ho fatto un lavoro sulle pause, sul come usarle e sulla loro importanza.
Dato che tre indizi fanno una prova ho pensato fosse doveroso fare una piccola riflessione sulle pause nella mia giornata.
La prima reazione è stata “quali pause?”. La mia giornata si articola dalle 6,00 alle “fino a quando reggo” con un alternarsi di attività che può essere più o meno frenetico, più o meno serio, più o meno professionale, più o meno ludico, più o meno affettivo. Però sono costanti. Quindi ho subito pensato di abortire questo post perchè non aveva applicazione, la mia vita ha un'unica lunga pausa, la notte in cui, per lo più, non sono vigile.
Poi ho pensato che al mattino, mentre Bianca è già pronta e Giulia finisce di preparare Gaia, io sto cinque minuti seduto sul pavimento a non fare nulla. Bianca e Gaia quando ci raggiunge non sono interessate a me. In genere mi coinvolgono in attività ma non al mattino. Mi lasciano seduto in terra con loro ma non mi trovano interessante. In pausa pranzo, dopo essermi cambiato e prima di prepararmi da mangiare, svuotare e riempire la lavastoviglie, qualche volta correre, scrivere i miei post, leggere mi butto sul letto a quattro di spade e resto steso per 50 secondi cronometrati (sono il tempo massimo prima di decidere che non riesco ad alzarmi più).
La sera, dopo aver mangiato, sparecchiato, giocato e messo a letto le piccole (attività in cui io svolgo un ruolo di supporto mentre Giulia è il Project Manager di tutto), quando Giulia scende per fare pratica io ho un paio di minuti di solitudine e di pausa.
Quindi mi son reso conto di avere dei momenti di pausa, dei momenti di “nulla”. Il problema è che li ho sempre considerati come un passaggio fra una frenetica attività appena conclusa ed una frenetica attività da iniziare. Non li ho mai rispettati.
Questo fino a settimana scorsa (mi son preso una settimana di sperimentazione prima di pubblicare le conclusioni). Da una settimana a questa parte ho deciso di dare maggiore dignità alle mie pause, di non intenderle solo come un passaggio di vita ma come un momento di vita.
Qualcosa è cambiato, non ho ancora ben chiaro in che termini ma qualcosa c'è.
Ad esempio, la consapevolezza che riesco ad avere una decina di minuti di pausa totale è rincuorante, specialmente in un momento intenso come quello che sto vivendo in questi anni. Altro aspetto mi sembra di aver riempito la mia giornata con qualcosa di mio, mi sembra di aver rosicchiato 10 minuti miei. Minuti che sono pochi per fare qualsiasi cosa che non sia stare buono e calmo, rilassato. Non mi riesce ancora benissimo, non riesco ancora a godermi semplicemente la pausa, però ne sono più consapevole, riesco almeno a rilassare i muscoli di collo e spalle, a perdere quella tensione. Intanto riesco a godermela fisicamente, prossimamente spegniamo pure il cervello.

sabato 6 aprile 2013

Ancora corsa e.... come battermi a Squash

Il fatto è che a me correre non piace. Mi è comodo ma non mi piace per niente.
L'unica volta in cui l'ho trovato interessante e piacevole è stato nel 2009 quando tre volte a settimana andavo a correre con un amico. Ma avevamo un obiettivo (ci preparavamo fisicamente ad una vacanza) ed eravamo abbastanza in forma da parlare e correre. Siamo andati avanti quasi un anno, poi la neve e la vita ci hanno stoppato.
Fra i tre sport classici pre prova bikini, correre, pedalare e nuotare, la corsa è quello che mi piace meno. Nuotare è il mio preferito ma è troppo impegnativo in termini di tempo. Per correre mi metto un paio di scarpe e mi butto in strada, per nuotare la “suppa” è lunga. Non sarebbe male pedalare ma ci sono tre problemi: i ciclisti sono i miei acerrimi nemici; quando vado in bici troppo facilmente assumo un'andatura da passeggio; non mi piace vestirmi come un fantino del palio di Siena, con tutti quei colori idioti addosso.
Quindi corro.
Trovo la corsa avvincente le prime tre, quattro volte. Ieri sono andato a correre e, per quanto abbia allungato la gittata, ero abbastanza in palla da non dovermi concentrare sulla corsa. Ecco, il limite della corsa è che mentalmente non mi stimola. E' ripetitiva e il mio cervello ha grossissimi problemi di concentrazione (l'avessi capito 20 anni fa adesso sarei medico). Quindi dopo poco comincio a divagare e spesso finisco a pensare a cosa devo fare, ai problemi, alle cose da sistemare. Arrivo a casa stanco di gambe e di testa. La corsa non ha sorprese, non ha situazioni diverse da analizzare e interpretare. Mi spiego meglio prima che l'associazione podisti anonimi mi tagli le gomme: quando gioco a squash io reitero sempre la stessa sequenza di colpi (ecco svelato il trucco per non farmi vincere), è una sequenza, uso uno o due colpi per entrare in questa routine e in due o tre colpi chiudo il punto. Sempre la medesima sequenza, in genere vincente.
Ecco perchè riesco a giocare a squash nonostante sia uno sport dove si corre molto e io giochi da fermo. Perchè scelgo e valuto, decido il mio investimento in un punto in base alla possibilità che ho di entrare nella routine. Ok, ogni tanto il momento mi porta ad inseguire punti che non mi portano alcun vantaggio, ma questo è il motivo per cui non sono un discreto amatore e non un buon giocatore. 
Provavo a fare la stessa cosa anche ai tempi del tennis ma il campo grande mi creava difficoltà di esecuzione. Dieci anni fa mi riusciva bene a racchettoni.
Comunque, nonostante la ripetitività della sequenza, ogni volta mi si presenta qualcosa di nuovo, di inesplorato che mi porta ad adattare i famosi colpi che mi portano ad entrare nella mia routine. Quindi la mia testa è assorbita dall'impegno agonistico, non si può distrarre.
Con la corsa non ce la faccio. A questo aggiungiamo che “correre è una sfida con se stessi” e contro me stesso io non perdo mai. Insomma, mi annoio velocemente.
La musica aiuta ma temo che fra un po', se non si asciuga il terreno e non posso cominciare a correre sul morbido, la mia esperienza da podista si concluderà.
Detto tutto questo, adesso sapete che corro con maggiore disinvoltura, riesco ad avere lo stesso ritmo quando parto e quando finisco, ho lo sforzo sotto controllo, allungo ogni volta il mio giro ma che non durerò molto. Sapete anche come battermi a squash, sapete che dovete impedirmi di entrare nella mia routine e sapete anche che c'è una sequenza di colpi da identificare e che sono sempre gli stessi.

mercoledì 3 aprile 2013

Corsa dopo le festività religiose......

Lunedì era Pasquetta, giorno di riposo dopo tanto tirare al lavoro, giorno per ricaricare le batterie e ritrovarsi dopo la Pasqua con chi vuoi.... ma io sono andato a correre.
Nei giorni che stanno a ridosso delle feste, prima e dopo, è facile incontrarsi fra di noi, noi diversamente longilinei e ipoteticamente atletici. In genere l'animale sedentario, come me, si attiva un paio di settimane prima delle feste (Natale e Pasqua) e prosegue fino ad un paio di settimane dopo. La mia sfida sarà quindi perdurare fino ad oltre il 14 Aprile. Sostenetemi.
In genere noi runner dell'ultima ora siamo identificabili dall'abbigliamento.
Dopo Natale, a Santo Stefano, indossiamo abiti tecnici comprati da Decathlon da un parente che ha saputo che da due giorni abbiamo cominciato a correre. Quindi ci puoi vedere con tenute estreme indossate in maniera sgraziata e di colori vivacissimi che rendono impossibile non capire chi siamo e dove siamo. Ci ripromettiamo di sfruttare l'abbigliamento al massimo. In alcuni casi facciamo promesse estreme: entro Pasqua questa maglietta che comprime fortemente l'addome mi sarà larga e i pantaloni tecnici metteranno in evidenza il mio pacco senza farlo assomigliare ad un'ernia inguinale. I buoni propositi Natalizi durano sempre fino all'Epifania solo e soltanto perchè ad inizio anno vengono rinforzati da promesse solenni.
Sotto Pasqua è diverso, non ci sono nuovi indumenti da indossare. Quelli che ci hanno regalato per Natale ci mettono in imbarazzo, segnano la nostra sconfitta e senza la nebbia di Dicembre ci fanno sembrare più ridicoli. Ecco quindi che la nuova divisa è composta da: pantaloncino anni 80 vagamente troppo corto che viene inevitabilmente risucchiato dall'interno coscia durante la corsa facendoci sembrare un pollo spennato; felpa grande e larga per proteggere gli addominali dal freddo (versione ufficiale); calzino tecnico, forse l'unica cosa veramente idonea, atleta compreso; scarpe finto running, ovvero il primo paio di scarpe con la punta lievemente rialzata allacciate strettissime tipo arrosto; K-Way, o meglio, K a vento adidas rossa o blu con cappuccio indossata sempre e comunque perchè “fa sudare”.
L'atleta alla ripresa delle attività si distingue dal diversamente longilineo perchè il primo è disposto a concedere al suo corpo un ritorno blando, fatto di corsetta ma anche di camminata. Noi del secondo gruppo secondo no, corriamo in modo scomposto e sconvolto, procediamo ad una velocità che rende imbarazzante i sorpassi ai vecchi con il deambulatore ma non camminiamo. Mai. Camminare su di noi non suona come “cazzo che controllo del corpo che ha questo”, su di noi suona come “guarda il ciccione che non ce la fa”. E quindi corriamo, corriamo. Senza tregua, fino a quando spariamo dalla vista di qualcuno e ci lasciamo morire in solitudine, dietro ad una siepe.
Beh, adesso vado a correre, se vedete qualcuno arrancare dietro ad una siepe non pensate subito ad un tossico, potrei essere io.