Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

giovedì 30 giugno 2011

First English post

I’d like to improve my English so I decided to write this post in English and not in my mother tongue.
I usually do mistakes using my mother tongue so I’m expected to do a lot of mistakes writing in English.
It is difficult for me ‘cause I usually don’t use English in writing. I have the possibility to speak English, sometimes, but it is rare for me writing.
Well, have a beginning: the pen is on the table. Quite easy.
My goal is to write something about stereotypes.
Our brain is lazy, it needs to save energy. This is why it prefers to go through known streets.
The stereotypes are known streets, are something that can simplify the reality.
We have different type of stereotypes, we can have social stereotypes, positive meanings or negatives one. The problem is when our lazy brain save energy using social negative cliché (cliché is a synonym of stereotypes) instead try to discover real features of people.
When we say that, for example, black people have rhythm or are faster than white people, we use stereotypes. Also white Christmas is a stereotype but my interest is to write about stereotypes of social groups.
I think that stereotypes are quite true for the social groups but not for the single component of the group.
We can say, for example, that Arabs are good traders, because their history and social development during the history is based upon trading with all the world, from antiquity to now.
But we cannot be sure that all Arabs are really good traders.
We have to remember this difference because stereotypes are dangerous in a relationship.
We have to force our brain not to be lazy and consider all people like individual, during a relationship.

I think that this is enough, I’m a little bit tired. I hope that the meaning of this simple post will be clear and with not so much mistakes. Good night and good luck (cit.)

ECCO COME GOOGLE TRADUCE QUELLO CHE HO SCRITTO....
Mi piacerebbe migliorare il mio inglese così ho deciso di scrivere questo post in inglese e non nella mia lingua madre.
Di solito lo faccio errori usando la mia lingua madre, quindi sono tenuti a fare un sacco di errori di scrittura in lingua inglese.
E 'difficile per me perche' io di solito non usare l'inglese per iscritto. Ho la possibilità di parlare inglese, a volte, ma è raro per me la scrittura.
Bene, hanno un inizio: la penna è sul tavolo. Abbastanza facile.
Il mio obiettivo è quello di scrivere qualcosa su stereotipi.
Il nostro cervello è pigro, ha bisogno di risparmiare energia. Questo è il motivo per cui preferisce andare per le strade conosciute.
Gli stereotipi sono conosciute strade, sono qualcosa che può semplificare la realtà.
Abbiamo diversi tipi di stereotipi, possiamo avere gli stereotipi sociali, significati positivi o negativi uno. Il problema è quando il nostro cervello pigro consente di risparmiare energia utilizzando sociali negativi cliché (cliché è sinonimo di stereotipi) invece che cercare di scoprire le caratteristiche reali della gente.
Quando diciamo che, per esempio, i neri hanno il ritmo e sono più veloci dei bianchi, si usa stereotipi. Anche bianco Natale è uno stereotipo, ma il mio interesse è quello di scrivere sugli stereotipi dei gruppi sociali.
Credo che gli stereotipi sono abbastanza vero per i gruppi sociali, ma non per il singolo componente del gruppo.
Possiamo dire, per esempio, che gli arabi sono commercianti bene, perché la loro storia e lo sviluppo sociale nel corso della storia si basa sul commercio con tutto il mondo, dall'antichità ad oggi.
Ma non possiamo essere sicuri che tutti gli arabi sono commercianti veramente buono.
Dobbiamo ricordare questa differenza, perché gli stereotipi sono pericolosi in un rapporto.
Dobbiamo forzare il nostro cervello a non essere pigri e considerare tutte le persone come singoli, durante un rapporto.

Penso che questo sia sufficiente, Sono un po 'stanco. Spero che il senso di questo post semplice sarà chiaro e con errori non così tanto. Buona notte e buona fortuna (cit.)

martedì 28 giugno 2011

Aneddoti dai colloqui di lavoro

Ecco alcune delle perle che mi è capitato di ascoltare durante i colloqui.
Sono vere, quando la memoria mi assiste sono anche citate testualmente.
Se ti ritrovi in qualcuna di queste scene non mi riferisco a te ma a quell'altro che ha detto le stesse cose tue.

Ragazzo 22n in cerca di primo impiego: "Guardi non sono sicuro di accettare, voi finite alle 18.30 ma io alle 18.00 ho l'aperitivo coi miei amici e mi scoccia fare tardi".
Esito: Non assunto.

Ragazzo 22n in cerca di primo impiego (per stesso lavoro ma un altro candidato): "Non saprei io alle 18.00 ho l'allenamento di pallone, farei tardi poi il mister si incazza"
Io: "Ma dove giochi?"
Ragazzo: "Ah, una suadra amtoriale con gli amici"
Esito: Non assunto, anche se leggo con attenzione il giornale per capire se ha sfondato.

Ragazzo straniero dopo il colloquio col fratello: "Se non assume mio fratello apro tua pancia come capretto"
Io: "Mi spiace, io non assumo faccio solo colloqui"
Esito: Non assunto ma nessuna cicatrice

Signora straniera avvenente: "Forse non mi spiego, io un lavoro già ce l'ho, vorrei solo che mi assumeste per mettermi in regola col permesso di soggiorno, io lavoro la sera e guadagno già abbastanza non voglio venire al lavoro tutti i giorni"
Io: "Capisco ma non si può fare, mi spiace"
Esito: non assunta e vista macchina con cui è andata via. Notevole macchina.

Ragazzo che si presenta in pausa pranzo con tuta da officina sporca: "io da grande voglio fare un lavoro bello pulitino come il tuo, cazzo", dice agitando il dito.
Esito: mozzato il dito con un morso.

Ragazzo sui 35 che mi guarda con aria di sfida e dice: "Io voglio il tuo posto di lavoro"
Io: "Ottimo"
Esito: Non assunto

Ingegnere elettrico neolaureato: "Ho scelto ingegneria elettrica perchè mi son sbagliato. Credevo fosse elettronica ma me ne sono accorto dopo un paio d'anni e mi son detto: a questo punto finiamo questa"
Esito: avete dubbi?

Ragazza che ha perso il lavoro in periodo di crisi: "Cosa sto cercando? In questo periodo sono aperta a novanta gradi ad ogni possibilità"
Mia faccia impassibile e lei: "no, mi scusi, volevo dire trecentosessanta, mi sono sbagliata, oddio che figura, è per via della crisi".

Ragazzo 19n accompagnato dal genitore che non vuole farsi da parte e che dice "dai Luigino (nome di fantasia) fai vedere che sai essere determinato al signore. Lo deve capire (rivolto a me) è un po' timido".
Esito: Rimandato a settembre

Io: "parli inglese?"
Ragazzo 30n: "Ehh, certo"
Io: "bene, te la senti di proseguire un po'in inglese il colloquio?"
Ragazzo: "Ahhh, con "eh, certo" intendevo, certo che no"
Esito: mandato a quel paese.

Ragazza quasi 30n: "Io coltivo il sogno di diventare una modella o di comparire in TV"
Io: "fatti arrestare per un crimine eclatante, fai prima" (scherzo)
Esito: consigliato grande fratello

Io: "perchè hai scritto leadership fra le tue competenze?"
Ragazza 24n: "perchè la sera quando si esce con gli amici decido io o almeno mi ascoltano, cioè ogni tanto andiamo dove anche io ho piacere di andare"
Io: "Ah, chiaro".
Esito: proposta carriera come docente su tematiche relative alla leadership.

E infine la perla delle perle.
Ragazzo neo ingegenere "Nel tempo libero sono patito di PC, mi piace smanettare e stare su internet"
Io "cosa ti interessa principalmente?"
Lui "Per lo più roba pornografica."
Esito: serve che specifico?

Poi me ne verranno in mente altri. Dovrei avere da qualche parte anche una raccolta delle perle da CV...chissà se la ritrovo.

mercoledì 22 giugno 2011

Non veridicità dei numeri certi

Da non molto abbiamo superato il periodo referendum. Voto sì, voto no, quorum, batti quorum e via dicendo.
In TV si sono susseguite persone che avevano dati certificati molto attendibili e che sono state smentite.
Ci sono centinaia di casi ogni giorno, basta entrare in una riunione in una qualsiasi azienda. Ci sono persone che sostengono numeri e dati colmi di significati, proiezioni e consuntivi, budget e tendenze. Tutte rigorose, tutte precise, puntualmente poi smentite dai fatti.
Ho già trattato in un altro post la questione delle non veridicità dei numeri certi, se non mi confondo.
Premetto una cosa importante, ho sostenuto almeno tre esami universitari di statistica e sono un amante della materia. Adoro il rigore delle indagini statistiche, adoro la precisione con cui sanno essere anche chiaramente predittive.
Però credo che i dati che emergono dalle analisi statistiche siano precisi, rigorose ma che non fanno la credibilità della persona.
Quindi non si possono usare per avere autorevolezza, non sono la verità.
Questo perché la statistica è rigorosa ma la possibilità di far emergere dati differenti, quasi discordanti, è possibile. Mi spiego, fare ricerca in maniera precisa richiede conoscenze tecniche, io c’ho sbattuto contro durante i tre esami (e ho toccato una minima parte della disciplina). Però raccogliere e far uscire i dati si può fare anche in maniera non rigorosa, ce lo insegna il marketing (eh eh eh eh eh), facendo di tutti noi i leader di qualche mercato.
Cioè, lavorando con attenzione su campione e contesto si possono avere dati certi non affidabili, riassumendo brutalmente.
Il problema è quando questi risultati vengono utilizzati per dare credibilità alla persona che li presenta.
Capita che chi non ha nulla di intelligente da dire dica un numero, meglio se una percentuale, per dare l'idea di avere molto da dire ma di riassumerlo in un semplice numero per venirci incontro.
Da adesso ho deciso che non crederò più a nessuno che mi parlerà di numeri, crederò solo a chi mi si presenterà in maniera credibile. Chi avrà bisogno di numeri, dati, analisi per convincermi non avrà la mia attenzione, chi cercherà di farmi capire e di essere una persona seria avrà la mia attenzione ed il mio interesse.
Ho deciso che sono importanti idee, valori e morale, non i numeri. Quando troverò idee interessanti, valori che condivido e senso morale allora ascolterò i numeri.

lunedì 20 giugno 2011

Giustizia e pena

Inasprimento delle pene. L’ultima volta che ho sentito questa espressione era relativa alla pena per chi causava un incidente sotto l’effetto di alcol o sostanze stupefacenti.
Il mio pensiero, in questo ambito, è orientato alla tolleranza zero, ovvero io non sarei per tollerare che qualcuno si assuma il rischio di valutare le proprie condizioni quando assume alcol e/o droghe. Certo, è solo il mio pensiero ed in realtà è molto più articolato di così.
La mia questione però voleva essere centrata sul concetto di inasprimento delle pene e di come viene utilizzato. Posto che la giovinezza negli anni ottanta mi porta inevitabilmente a pensare che “prevenire è meglio che curare”, io credo che in certi ambiti le pene abbiamo perso la loro funzione.
Già in un altro post avevo commentato il fatto che spesso la pena non è più un deterrente ma un rischio da calcolare per valutare se un’azione sia più o meno opportuna.
Qui andiamo anche oltre, le pene si inaspriscono quando le possibilità di controllo disuniscono. Non posso più controllarti allora metto una pena più severa come deterrente. Credo che anche questo sia un po’ un fallimento.
Pensiamo al caso meno sfigato, non voglio riportare esempi catastrofici. Un ubriaco mi centra in pieno l’auto, me la distrugge. Ad oggi la mia auto vale due soldi, se fosse incidentata non prenderei il becco di un quattrino mentre da funzionante fa il suo mestiere.
Ecco, se uno mi disfa la macchina a me che paghi una multa, che venga frustrato, che debba stare giorni cosparso di pece e piume non me ne frega molto. Passato il sequestro dell’amigdala non è che mi cambi molto sapere cosa gli succederà, ormai il danno me l’ha procurato. Dopo è solo vendetta che chiamiamo giustizia, è solo cercare di commisurare il mio danno a quello che deve subire lui.
Secondo la inesauribile Wikipedia “La giustizia è l'ordine virtuoso dei rapporti umani in funzione del riconoscimento e del trattamento istituzionale dei comportamenti di una persona o di più persone coniugate in una determinata azione secondo la legge o contro la legge. Per l'esercizio della giustizia deve esistere un codice che classifica i comportamenti non ammessi in una certa comunità umana, e una struttura giudicante che traduca il dettame della legge in una conseguente azione giudiziaria.”
Cioè, non si parla di pena.
La Giustizia è prima del reato, dopo è già un fallimento. A me piacerebbe una situazione di tolleranza zero (ribadisco che sto estremizzando) ma controlli efficaci fino a quando la cultura sociale non recepisce l’importanza di non bere prima di guidare, non una pena inasprita che si abbatta con maggiore violenza senza restituire quello che il comportamento “asociale” ha tolto.
Se la certezza della pena quando un soggetto commette “comportamenti non ammessi in una certa comunità umana” è tale prima o poi tali comportamenti cesseranno. Difficile che la gente rinunci a scommettere sul fatto che non verrà presa in relazione ad un comportamento non ammesso.
Tutti noi siamo pronti a scommettere che non “verremo beccati”, a correre questo rischio poiché è trascurabile. Non importa quanto diventa ricco il piatto, se la percentuale di rischio non cambia la gente continuerà a rischiare. Invece chi controlla spera in questo, spera che alzare la posta faccia cambiare il rischio. Cambia la posta, il rischio è sempre lo stesso e dato che abbiamo imparato che le pene si inaspriscono perchè i controlli non sono efficaci, inasprire la pena non mi fa aumentare neppure il livello di rischio percepito, oltre a non modificare quello reale. Se invece la percentuale di rischio sale e sistematicamente chi infrange la legge perde la sua scommessa poi chi sarà disposto a rischiare?
Ribadisco, l’argomento è molto più serio di me che banalizzo tutto ma mi piacerebbe una Giustizia che fa il suo dovere e cerca di renderci virtuosi e non una Giustizia che deve ricorrere ai suoi fratelli maggiori, sanzione e pena.

mercoledì 15 giugno 2011

Mio nonno Alfonso, il nonno che mi voleva bene per due nonni

Mi ritaglio un piccolo grande spazio personale per scrivere di una persona che ha contribuito a farmi grande e che non c’è più.
Voglio scrivere di mio nonno Alfonso. E’ l’unico nonno che ho conosciuto, dato che l’altro nonno è mancato poco più di un mese prima che nascessi. Proprio per questa sfortunata situazione il mio nonno Alfonso mi ha sempre detto che lui mi voleva bene per due nonni.
Ho passato molto tempo con lui, quando ero piccolo.
Mi ricordo che mi veniva a prendere alla elementari in bicicletta, che mi portava con lui a casa della nonna, che mangiavamo insieme.
Me lo ricordo come una persona generosa, golosa e simpatica.
Mi ha aiutato a coltivare e arricchire tutte le mie collezioni, sia che si trattasse di monetine, tappi della birra o portachiavi. Raccoglieva pensieri per me scrivendoli a mano su dei quaderni. Non sono abbastanza capace di spiegare quanto amore ci fosse dietro questi gesti. Quando ero piccolo lui girava il mondo e mi portava sempre qualcosa. Era una persona molto rispettata, nel lavoro si era fatto apprezzare e tutti se lo ricordano.
Aveva fatto la seconda guerra mondiale. L’avevano messo in galera. Non ricordo per quanto tempo ma pochi giorni. La cosa però l’aveva segnato, era l’aneddoto che ricordava più spesso. Non era stato un partigiano, un ribelle o altro, era finito in galera per un motivo legato al lavoro. Però c’era stato.
La guerra l’aveva reso un repubblicano mangiapreti, non sopportava la Chiesa, anche se credeva, e non sopportava i comunisti. Passava molti dei suoi pomeriggi invernali alla Casa del Popolo a giocare a carte ed era molto fortunato, vinceva spesso cesti natalizi e cioccolatini. Ecco, adesso devo farvi una confessione: lui vinceva cioccolatini spettacolari, i “mattoncini” Fiat o gli elefantini della Lindt. Li portava a casa e li nascondeva in un posto segreto, che conoscevamo solo mia zia ed io. Ora i miei parenti staranno sorridendo pensando che il posto così segreto fosse la dispensa, che i cioccolatini fossero messi sopra alla dispensa nella sala da pranzo. Bravi polli, quelli erano i cioccolatini esca, quelli che la nonna poteva trovare, la scorta era da un’altra parte. Ogni giorno un cioccolatino finiva sopra la dispensa ed un numero imprecisato di altri cioccolatini finiva in un altro posto, realmente segreto. Grande nonno.
Quando eravamo a casa solo lui ed io, magari perché la nonna era fuori, si metteva volentieri ai fornelli. Prima tirava fuori il suo cappello da cuoco e poi si trasformava in Peppino il cuoco sopraffino e si metteva a cucinare in maniera coreografica. Ricordo una volta a Lido Adriano in cui gettando della patate nell’olio per friggerle ha rischiato di bruciare la cucina.
Mio nonno era un gran cantastorie, sapeva un mucchio di cose e sapeva raccontarle con passione. Io ero incantato quando raccontava del pesce, dei paesi arabi e mi spiace che adesso che sono io che mi muovo sui paesi arabi lui non ci sia più per ascoltare come sono cambiati.
E’ stato un appassionato di bicicletta, non di quelli che si mettono tutine attillate e vanno per colline, lui aveva la sua bici da uomo e in camicia e pantaloni girava Ravenna e i suoi lidi. E io con lui, con la mia BMX gialla fino a quando non mi sono sentito troppo grande.
Ricordo che andavamo per pinete a raccogliere pigne che poi in inverno bruciava nel camino.
Ricordo una volta in cui ho preso velocità lungo la strada che portava al ponte Bailey, a Lido Adriano, e poi sono caduto in maniera rovinosa rimanendo incastrato nella bici.
Ricordo i gelati che ci siamo mangiati. Era un goloso e un paio di aneddoti simpatici sono proprio legati alla sua golosità. Uno degli ultimi è simpaticissimo: mia nonna la sera gli chiede se nel pomeriggio avesse mangiato il gelato, lui diabetico e sovrappeso mente e dice di no con il suo divagare con lo sguardo che faceva intendere la piccola bugia, a quel punto mia nonna gli dice che ha chiamato la gelateria dicendo che hanno ritrovato il suo portafoglio. Cha sfiga, poverino.
Gli ho voluto un sacco di bene.
Era una persona simpatica, l’ho già detto, quando ero piccolo ci caricava in macchina e ci portava a fare le curve spericolate, dette curvantibus. Era un alfista ma io ho capito dopo cosa volesse dire.
In macchina aveva sempre una cassetta di Pavarotti; in tasca aveva sempre una castagna matta, per il raffreddore.
L’ho visto invecchiare e l’ho visto impaurirsi per la morte. Adesso mi manca il tempo che avrei potuto dargli, mi manca quando arrivavo a casa su ae lui ripartiva a raccontare le stesse cose, mi mancano quelle storie ripetute all'infinito.
Alla fine l’hanno tradito la bicicletta, con cui è caduto, e il suo corpaccione, che non si è ripreso da quella caduta e si è sfilato. Nei pochi giorni che è stato in ospedale sono andato a trovarlo e mi ricordo di una scena che mi ha fatto capire quanta paura avesse.
Lo dovevano spostare in un’altra stanza perché urlava, aveva perso lucidità. L’infermiera tira il letto dai piedi e io lo spingo dalla testata. Lui è steso, mi guarda con gli occhi lucidi, aggrapapto al letto e non mi riconosce. L’unica cosa che riesce ad urlare, con gli occhi pieni di paura rivolti verso di me, è la sua paura che i fascisti l’avessero preso.
Dopo più di 60 anni è riaffiorata la grande paura che un ragazzo diciottenne aveva provato durante la guerra e io ne sono stato impotente testimone. E' morto avendo paura come quando era ragazzo.
Mio nonno è quello che mi ha regalato la patente per la macchina, con la generosità che lo contraddistingueva.
Sono contento del nonno che ho avuto, il nonno che mi voleva bene per due. Adesso che sono cresciuto ho solo tre rammarichi: non stava bene quando mi sono laureato e non è potuto venire a vedermi, non c’era più quando mi sono sposato 4 anni fa e neppure quando lo scorso autunno è nata mia figlia.
Avrebbe piantato una rosa in cortile.
Mi manchi nonno, mi manca sentire la tua voce alle mie spalle che mi dice di svoltare che passiamo in gelateria.

Gaia e i leader

G: " Ohi, dormi?!"
La testa di Gaia fa capolino da dietro il tavolino, mentre il resto di lei è immerso nei suoi giochi. Mi guarda con aria crucciata.
N:"No, cosa c'è?" e mentre lo dico sento un tumulto allo stomaco che mi porta alle ore di matematica al liceo. Ogni volta che si rivolge a me verso sera lo fa per pormi interrogativi cui non sono pronto a rispondere, per fortuna lei fa domanda e risposta, alla Marzullo ma molto più carina.
G :"Ho letto il Signore degli anelli e volevo fare un ragionamento."
Il mio primo pensiero è "fallo con la mamma per una volta", ma la gioia di sentirla usare la sua testina ha il sopravvento.
N:"Complimenti, mi ci son voluti anni per finirlo, tu a otto mesi l'hai già letto. Dimmi tutto"
G:"Volevo parlarti di due leader, Aragorn del Signore degli anelli e Giulio Cesare"
N:"Hai letto una biografia di Cesare?" le domando come se fosse l'unica cosa strana di una bimba di otto mesi che mi chiede di parlare di Aragorn e Cesare.
G:"No ho visto un documentario ma ti giuro che poi ho spento e non ho guardato più la TV"
N:"Ti credo, ma dimmi"
G:"Allora, Aragorn è il re del Signore degli anelli, è forte, un guerriero molto abile, usa bene la spada e altre armi, cavalca veloce ha un'aura di rispetto che lo avvolge e che deriva dai suoi illustri natali, è magnetico e carismatico per DNA e piace a donne, umane e elfiche"
N:"Esattamente, un vero condottiero"
G:"Tiene un bel discorso ai suoi e poi si piazza in prima fila, affronta lui i nemici più forti e più grossi, è il migliore dei soldati sul campo, quello più abile, è tecnicamente il più capace, un fenomeno."
N:"Concordo, direi che è così, un leader con capacità e che guida fiero i suoi uomini affrontando in prima persona le difficoltà maggiori"
G:"Cesare no. Fisicamente non era eccellente, soffriva di epilessia, era sicuramente bravo con le armi ma non era un gladiatore. Stava sempre nelle retroguardie, preparava la battaglia, studiava la tattica, preparava e motivava fortemente i suoi uomini e li guidava in battaglia, ma non era davanti all'esercito, non ne aveva le capacità"
N:"Due stili di leadership, quindi"
G:"Già, seguimi adesso. Aragorn è il leader che è più bravo degli altri, che per dono di natura gli altri seguono, che è esempio perché bravo come lui non ce ne sono. Cesare è il leader che lavora su altre competenze, che motiva, che trasforma una malattia in una forza, che gli altri seguono precedendolo in battaglia, che fa strategia, che pensa, prepara, analizza. Sai qual è la differenza principale fra i due?"
N:"No, ma ne hai già dette molte"
G:"La differenza è che solo uno dei due è vero.....chi vuol essere un vero leader non deve essere il più bravo, non deve essere in grado di spiegare agli altri le soluzioni, non deve essere quello che ha più forza, che è tecnicamente più capace, che risolve problemi tecnici più complessi (ammazzare il Troll, ad esempio). Questi vanno bene solo se il mondo è di fantasia. Se vuoi essere un vero leader il ruolo è un altro, la responsabilità è ben superiore alla singola capacità, è più alta, è più importante. Per questo Cesare è sui libri di storia e Aragorn su un libro di fantasia"
N:"Mi piace il tuo -la responsabilità è superiore alla singola capacità - Mi viene in mente un politico che è anche un grande allenatore di calcio, oltre ad altri mille talenti......."
G:"Già, penso di aver capito. Adesso riprendo a giocare che Dario il dromedario e Lella la raganella mi reclamano, ho lasciato un attimo la festa e devo tornare. Fra dieci minuti posso andare a dormire?"
N:"Certo, saluta i tuoi amici e andiamo, piccolina"

giovedì 9 giugno 2011

Nuova leadership femminile

Primo fatto. Sono stato ad un convegno (l'ennesimo)dove, in mezzo a diversi interventi un po' ingessati, c'è stato il sociologo Domenico De Masi che con energia e verve ha fatto una fotografia del futuro. Di fatto ha detto che nei prossimi anni la leadership passerà alle donne. Questo perché le competenze relazionali saranno predominanti e quindi il vantaggio sociale delle donne emergerà. Le conoscenze saranno disponibili a tutti, saranno accessibili e quindi la differenza la faranno le competenze, la capacità di creare sistemi. De Masi dice anche che questa nuova guida emergerà anche con la rabbia accumulata da 10.000 anni di maschilismo.
Secondo fatto. Mia moglie ogni tanto è gelosa di me (!?!?!?!), per qualche strano motivo mentre io mi chiedo come sia successo che son riuscito a sposarla lei pensa che tutte le donne del mondo la invidino e siano pronte a rapirmi. Non ha problemi alla vista: è vittima di una pozione che le somministro ogni mattina a colazione, lei non lo ha ancora capito.
Ho messo assieme i due pezzi e ho capito.
Le donne sono esseri superiori (vivono di più e sanno emozionarsi di più), presto non avranno più bisogno degli uomini per preservare la specie e saremo accantonati, finalmente riprenderanno il loro ruolo e noi uomini saremo un incidente di percorso, altro che "speriamo che sia un bel maschietto".
In passato ci hanno sfruttato, hanno pompato il nostro ego spedendoci a cacciare nel bosco con una lancia mezza storta mentre loro aspettavano nella grotta fingendo debolezza.
Noi andavamo a morire con l'ego a mille ed un principio di erezione mentre loro al caldo ad aspettare.
Il problema è che nel corso dei secoli abbiamo cominciato a crederci sul serio, a pensare di essere veramente fighi, abbiamo riempito di divinità maschili tutte le religioni monoteiste e le donne ci sono cascate, fino ad arrivare a pensare che noi fossimo un privilegio, che fosse la loro fortuna averci accanto.
Questo è destinato a cambiare ancora, la società umana è un esempio perfetto di leadership itinerante, dopo qualche millennio torneremo ad essere al più uno strumento.
Le donne adesso sposano uomini più giovani, vivono più a lungo (io conosco più vedove che vedovi...e voi?), usano la testa in multitasking, sono quotidianamente sfidate dalla complessità e ne escono vincitrici, hanno imparato a vivere le loro emozioni mentre noi siamo stati addestrati ad accarezzare i figli maschi quando dormono e a non piangere mai perchè "siamo uomini o caporali!?!?!?!?" (possiamo piangere solo di fronte ad un evidente rottura scomposta di almeno 3 ossa e comunque senza sighiozzare, solo lacrime di dolore fisico).
Beh, io per essere sicuro ho riempito la mia casa di donne e tutte le mattine, quando mi sveglio, mi rendo conto di essere io quello fortunato.

lunedì 6 giugno 2011

Strategia e tattica, l'analisi di Gaia

Steso sul divano cerco di rilassarmi azzerando le mie capacità cerebrali davanti ad un film.
Ad un certo punto Gaia attira la mia attenzione, forse per i suoi 8 mesi avrei potuto dedicarle più tempo, penso.
Scorgo nelle sue mani un libro e un brivido mi percorre la schiena, il titolo del libro è “l’arte della guerra”.
G: “Ohi, hai cinque minuti?”
N: “Ma certo, vuoi parlarmi del tuo libro, ti piace?”
G: “Sì, in parte, forse sono troppo piccola per apprezzarlo. Volevo però fare con te un ragionamento”
Questo mi spiazza sempre, mi si crea un’ansia esagerata all’idea che debba condividere con me un ragionamento. La paura di non riuscire a seguire i suoi pensieri, nonostante i soli 8 mesi, è alta.
N: “Orpolà, dimmi”
G: “Stavo ragionando, partendo da riflessioni militari, sulla differenza fra strategico e tattico e sul giusto approccio che si deve avere”
N: “Già, è importante tenere distinte le due cose”, dico mentre cerco di caprie mentalmente le differenze.
G: “Ti dico come le intendo io”.
Meglio, penso dentro di me mentre annuisco cercando di riprodurre un’espressione paterna ed austera.
G: “Vedi io intendo che la strategia come un progetto complessivo mentre la tattica come l’operatività per perseguire gli obiettivi che costituiscono la strategia”
N: “Funziona, direi”
G: “Ecco mi rendo conto che ogni tanto, nel mettere in opera tattiche e soluzioni perdo di vista al strategia, che il quotidiano, l’operativo mi allontana dalla strategia”
N: “Capisco, spesso la quotidianità assorbe energie e ci fa perdere di vista cosa è strategico, cosa è veramente importante”
G: “In parte. E’ molto vero che la quotidianità distrae, che richiede tattiche talmente complesse da assorbire totalmente le energie ma la verità è che bisogna trovare il tempo per fare strategia, che bisogna trovare il coraggio per dire a noi stessi cosa vogliamo ottenere, in che modo e con che tempi. Lottare quotidianamente poi sarà automatico, perseguire singole vittorie sarà possibile se dietro c’è un progetto, un obiettivo alto”
N: “E’ chiaro, bisogna ritagliarsi il tempo per essere strategici”
G: “E aggiungo un’ultima cosa”
Ecco, voi ora non potete sentirla ma il crescendo di entusiasmo ed energia nella sua voce è incredibile, sprizza forza e coraggio
N: “Dimmi”
G: “La strategia deve essere alta, deve essere eccellente. Sai qual è il mio obiettivo strategico?”
N: “Quale?”
G: “Essere felice”
N: “Beh, non male”
G: “Tutta la tattica della mia vita sarà per perseguire questo obiettivo, per concretizzare questa strategia. Tu mi aiuterai”
La mia risposta è facile, la sollevo, lei mi mette le braccia al collo appoggia la testa stanca sulla mia spalla e io le bacio la fronte, la mia strategia, ora che mi ci fa pensare, è la stessa.

Leadership e responsabilità


Sono recentemente stato alla “SixSeconds Conference” che è sempre un’occasione di riflessione. Sono state dette molte cose, lanciati molti spunti. Credo che facilmente i miei prossimi post ne saranno influenzati.
Partiamo con una riflessione sulla leadership. Durante un intervento in cui si parlava del talento dei figli la relatrice ha detto che dobbiamo assumerci le responsabilità della nostra leadership nei confronti dei figli. Dopo qualche giorno di riflessione aggiuntiva eccomi a riportarvi alcuni spunti al riguardo.
Da tempo stiamo cercando di creare dei leader partecipativi, che condividano con il loro team, che sappiano delegare, che possano comunicare e condividere le loro scelte. Ci preoccupiamo che i nostri leader sappiano comunicare, motivare e coordinare. Facciamo corsi sulla delega, sull’organizzazione aziendale, sulla gestione del tempo. Insistiamo dicendo che il loro tempo è troppo prezioso per certe attività, sperando che non si mettano mai a fare fotocopie.
Tutto questo è molto bello ma non bisogna perdere il focus sull’essere leader, sul guidare.
Dietro a questo c’è una responsabilità che non può essere delegata.
Nel concetto di leader=guida c’è un altro aspetto importante, quello su cui volevo porre l’accento: un leader non può essere solo, un leader ha sempre qualcuno da guidare e ha delle precise responsabilità nei confronti di chi guida. Queste responsabilità le esercita tenendo sempre in considerazione i suoi collaboratori ma capendo sempre quando il compito è e rimane il suo, quando anche rispetto a loro deve assumersi la responsabilità di un’attività, di fare qualcosa, anche solo prendere una decisione. C’è una responsabilità che un leader non può delegare, che rimane sua ed è quella nei confronti dei suoi collaboratori.
Ricordo che una volta un mio ex A.D. ci disse che lui voleva condividere tutte le decisioni ma che, se non ci fosse stato accordo, il suo compito era quello di decidere, il nostro quello di accettarlo.
Un po’ estremo come concetto ma aveva chiarito subito i ruoli e ci aveva sollevati da una responsabilità che non avrebbe delegato.

mercoledì 1 giugno 2011

Internet Swatch time.

Eccoci qua nuovamente. Oggi siamo prorpio ben allineati al titolo del blog, CoseKeso.
Infatti vi racconto una cosa che ho origliato l'altra mattina al caffè e che con un paio di ricerche ho approfondito.
Parliamo dell' "Internet Swatch Time".
Allora, la nostra suddivisione delle giornate in 24 ore, le ore in 60 minuti ed i minuti in 60 secondi è di derivazione babilonese, niente più.
Il 23/10/1998 la Swatch ha lanciato una nuova suddivisione del tempo su base decimale.
Ogni giornata era stata pensata suddivisa in 1000 beats. Quindi ogni beats vale 1 minuto e 26,4 secondi. Nulla di nuovo, si tratta del minuto decimale della rivoluzione francese.
Ogni rivoluzione vuole portare una nuova organizzazione del tempo, dato che è una risorsa preziosa.....
Torniamo a noi, la Swatch aveva pensato di creare un'ora che valesse in tutto il mondo, senza fusi. Ovvero quando a New York sono le @765 (questa la forma giusta @ seguito da una cifra) anche a Pechino, Mosca e Punta Marina sono le @765.
La differenza è che a NY il sole sorge alle @675 mentre a Pechino magari tramonta.
L'idea era quella di rendere più facili le comunicazioni ed i rapporti via internet.
La Swatch produsse anche un paio di modelli che avevano l'ora di internet.
Ora, non ha avuto molto successo, effettivamente ma forse sono stati precoci.
Comunque, per completezza, usavano l'ora internet: ICQ; Phantasy Star Online; il cellulare ericsson T20e.
Sull'App Store ci sono alcune app che tengono l'ora di internet.
Sapevatelo......