Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
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mercoledì 15 giugno 2011

Mio nonno Alfonso, il nonno che mi voleva bene per due nonni

Mi ritaglio un piccolo grande spazio personale per scrivere di una persona che ha contribuito a farmi grande e che non c’è più.
Voglio scrivere di mio nonno Alfonso. E’ l’unico nonno che ho conosciuto, dato che l’altro nonno è mancato poco più di un mese prima che nascessi. Proprio per questa sfortunata situazione il mio nonno Alfonso mi ha sempre detto che lui mi voleva bene per due nonni.
Ho passato molto tempo con lui, quando ero piccolo.
Mi ricordo che mi veniva a prendere alla elementari in bicicletta, che mi portava con lui a casa della nonna, che mangiavamo insieme.
Me lo ricordo come una persona generosa, golosa e simpatica.
Mi ha aiutato a coltivare e arricchire tutte le mie collezioni, sia che si trattasse di monetine, tappi della birra o portachiavi. Raccoglieva pensieri per me scrivendoli a mano su dei quaderni. Non sono abbastanza capace di spiegare quanto amore ci fosse dietro questi gesti. Quando ero piccolo lui girava il mondo e mi portava sempre qualcosa. Era una persona molto rispettata, nel lavoro si era fatto apprezzare e tutti se lo ricordano.
Aveva fatto la seconda guerra mondiale. L’avevano messo in galera. Non ricordo per quanto tempo ma pochi giorni. La cosa però l’aveva segnato, era l’aneddoto che ricordava più spesso. Non era stato un partigiano, un ribelle o altro, era finito in galera per un motivo legato al lavoro. Però c’era stato.
La guerra l’aveva reso un repubblicano mangiapreti, non sopportava la Chiesa, anche se credeva, e non sopportava i comunisti. Passava molti dei suoi pomeriggi invernali alla Casa del Popolo a giocare a carte ed era molto fortunato, vinceva spesso cesti natalizi e cioccolatini. Ecco, adesso devo farvi una confessione: lui vinceva cioccolatini spettacolari, i “mattoncini” Fiat o gli elefantini della Lindt. Li portava a casa e li nascondeva in un posto segreto, che conoscevamo solo mia zia ed io. Ora i miei parenti staranno sorridendo pensando che il posto così segreto fosse la dispensa, che i cioccolatini fossero messi sopra alla dispensa nella sala da pranzo. Bravi polli, quelli erano i cioccolatini esca, quelli che la nonna poteva trovare, la scorta era da un’altra parte. Ogni giorno un cioccolatino finiva sopra la dispensa ed un numero imprecisato di altri cioccolatini finiva in un altro posto, realmente segreto. Grande nonno.
Quando eravamo a casa solo lui ed io, magari perché la nonna era fuori, si metteva volentieri ai fornelli. Prima tirava fuori il suo cappello da cuoco e poi si trasformava in Peppino il cuoco sopraffino e si metteva a cucinare in maniera coreografica. Ricordo una volta a Lido Adriano in cui gettando della patate nell’olio per friggerle ha rischiato di bruciare la cucina.
Mio nonno era un gran cantastorie, sapeva un mucchio di cose e sapeva raccontarle con passione. Io ero incantato quando raccontava del pesce, dei paesi arabi e mi spiace che adesso che sono io che mi muovo sui paesi arabi lui non ci sia più per ascoltare come sono cambiati.
E’ stato un appassionato di bicicletta, non di quelli che si mettono tutine attillate e vanno per colline, lui aveva la sua bici da uomo e in camicia e pantaloni girava Ravenna e i suoi lidi. E io con lui, con la mia BMX gialla fino a quando non mi sono sentito troppo grande.
Ricordo che andavamo per pinete a raccogliere pigne che poi in inverno bruciava nel camino.
Ricordo una volta in cui ho preso velocità lungo la strada che portava al ponte Bailey, a Lido Adriano, e poi sono caduto in maniera rovinosa rimanendo incastrato nella bici.
Ricordo i gelati che ci siamo mangiati. Era un goloso e un paio di aneddoti simpatici sono proprio legati alla sua golosità. Uno degli ultimi è simpaticissimo: mia nonna la sera gli chiede se nel pomeriggio avesse mangiato il gelato, lui diabetico e sovrappeso mente e dice di no con il suo divagare con lo sguardo che faceva intendere la piccola bugia, a quel punto mia nonna gli dice che ha chiamato la gelateria dicendo che hanno ritrovato il suo portafoglio. Cha sfiga, poverino.
Gli ho voluto un sacco di bene.
Era una persona simpatica, l’ho già detto, quando ero piccolo ci caricava in macchina e ci portava a fare le curve spericolate, dette curvantibus. Era un alfista ma io ho capito dopo cosa volesse dire.
In macchina aveva sempre una cassetta di Pavarotti; in tasca aveva sempre una castagna matta, per il raffreddore.
L’ho visto invecchiare e l’ho visto impaurirsi per la morte. Adesso mi manca il tempo che avrei potuto dargli, mi manca quando arrivavo a casa su ae lui ripartiva a raccontare le stesse cose, mi mancano quelle storie ripetute all'infinito.
Alla fine l’hanno tradito la bicicletta, con cui è caduto, e il suo corpaccione, che non si è ripreso da quella caduta e si è sfilato. Nei pochi giorni che è stato in ospedale sono andato a trovarlo e mi ricordo di una scena che mi ha fatto capire quanta paura avesse.
Lo dovevano spostare in un’altra stanza perché urlava, aveva perso lucidità. L’infermiera tira il letto dai piedi e io lo spingo dalla testata. Lui è steso, mi guarda con gli occhi lucidi, aggrapapto al letto e non mi riconosce. L’unica cosa che riesce ad urlare, con gli occhi pieni di paura rivolti verso di me, è la sua paura che i fascisti l’avessero preso.
Dopo più di 60 anni è riaffiorata la grande paura che un ragazzo diciottenne aveva provato durante la guerra e io ne sono stato impotente testimone. E' morto avendo paura come quando era ragazzo.
Mio nonno è quello che mi ha regalato la patente per la macchina, con la generosità che lo contraddistingueva.
Sono contento del nonno che ho avuto, il nonno che mi voleva bene per due. Adesso che sono cresciuto ho solo tre rammarichi: non stava bene quando mi sono laureato e non è potuto venire a vedermi, non c’era più quando mi sono sposato 4 anni fa e neppure quando lo scorso autunno è nata mia figlia.
Avrebbe piantato una rosa in cortile.
Mi manchi nonno, mi manca sentire la tua voce alle mie spalle che mi dice di svoltare che passiamo in gelateria.

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