Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

lunedì 22 ottobre 2012

Recensione di un libro. Perchè no. Sulla pelle viva, Tina Merlin

Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, Milano, La Pietra, 1983.

In genere non scrivo recensioni di libri, o almeno lo faccio nell'altro blog e parlo di libri sulle moto.
Su questo però due parole le voglio spendere.
Se, come nel mio caso, avete visto lo spettacolo di Paolini e il film di Martinelli le prime 150pagine di questo libro non aggiungeranno nulla. L'autrice è stata l'unica voce di tutta questa vicenda e chiunque ne parli si basa sempre sui suoi articoli, sui suoi lavori.
Quindi nulla di nuovo, il racconto è quello tristemente noto.
Non ha la capacità narrativa dello spettacolo di Paolini (spettacolo di un equilibrio unico, davvero ben fatto) o la forza delle immagini del film (altro consiglio di visione) ha la freddezza e la banalità della verità. Non ha artifici artistici, una giornalista racconta una verità che in quanto tale non ha bisogno di nulla, già di per sè è pure troppo.
La cosa che manca, nel film e nello spettacolo di Paolini è il dopo. Già perchè c'è anche un dopo. Oltre a tutto quello che è accaduto, l'Olocausto di cui parla la Merlin, c'è anche quello che è successo dopo.
Ci sono le difficoltà, le umiliazioni, le sofferenze, le pres ein giro. L'ultima parte del libro parla proprio di questo. L'evento è così devastante che spesso ci si ferma lì, ci si ferma a Erto e Casso evacuate a Longarone spazzata via. Poi ci si ritrova a elogiare la ricostruzione di Longarone.
Roma non è stat acostruit ain un giorno eneppure questo tratto della valle del Piave. Ci sono altre storie, altre sofferenze, altre umiliazioni, altre vergogne, tutte coperte perchè il peggio era già successo. Il peggio l'avevamo già visto.
Io vi consiglio il libro di Tina Merlin perchè fa meglio capire quanto è stato immenso il danno, il disagio e la distruzione che questi Italiani hanno dovuto subire. Vi consiglio il libro per quelle poche pagine che raccontano il dopo, raccontano di sussidi, di gente che si fa ospitare, che diventa ospite sgradito, che diventa criminale in casa propria, che viene raggirata, la cui pazienza e inegnuità viene abusata. Non c'è solo lo spettacolo della rinascita di Longarone, ci sono anni e anni di umiliazioni aggiuntive, che rimangono spesso coperte del boato di una catastrofe immensa e assurda.
Tutto qua, se avete tempo leggete il libro. Bastano poche ore.

martedì 16 ottobre 2012

Sfide del 15/10/2012

Ieri sera c'è stato in televisione SFIDE incentrato su Marco SIC Simoncelli. Mi è piaciuto, Zanardi è bravo anche a gestire un programma come questo e gli dona un valore in più.
Alcune cose mi hanno colpito, alcune frasi.
Il dottor Costa che dice, commentando la guida aggressiva del Sic, “correva in moto come la gente si aspetta che corra un pilota di moto”; Valentino Rossi commosso che ripete solo per convincere sé stesso che non poteva evitarlo; il suo capotecnico che ricorda gli scherzi; Pasini che ce l'ha negli occhi. Fra tutti i piloti e amici credo che Pasini sia quello che se lo porta più negli occhi, guardarlo mentre ne parla accende emozioni.
Il padre di Simoncelli, invece, ha una forza che non capisco da dove venga. E' un uomo di valori, si capisce. Si capisce dalle scelte che fa, da come la gente descrive il rapporto fra lui e il figlio. Un uomo da prendere come esempio. Un uomo che, dopo averlo protetto e cresciuto per anni, è rimasto folgorato dalla grandezza del figlio. Ha visto nella tragedia quanto anche il resto del mondo avesse capito suo figlio. Non per il talento sportivo, ma per l'immagine positiva che trasmetteva, di passione, di genuinità, di sincerità. Mi ha colpito la sua forza quando dice che Marco faceva quello che gli piaceva, che era felice. Credo un padre non possa chiedere altro: fare sacrifici per vedere il figlio felice.
Ad un certo punto dice “era felice, faceva quello che gli piaceva. Tornassi indietro rifarei tutto quello che ho fatto, anche se sapessi già come va' a finire”. Questa frase è di una forza incredibile e bisogna essere genitori grandissimi per poterla pronunciare. Complimenti a lui, come si fa a non essere egoisti a non dire “se potessi farei diverso” come si fa a non voler togliere un po' di felicità a quel figlio solo per poterlo avere ancora vivo? Con che forza si sceglie la felicità del figlio anche se ce lo porta via? Come si fa a non dire “tornassi indietro lo farei studiare quel testone, me lo terrei con me, ci divertiremmo in moto assieme ma lo terrei con me”. Io credo che bisogna amare tantissimo i propri figli per poter dire una cosa del genere, per poter accettare di vivere tutta una vita con un vuoto che non verrà mai colmato in cambio di attimi di felicità.
Niente, ancora una volta sono rimasto colpito (stupidamente) dalla forza che vuol dire essere genitori. Credo che un padre ed una madre siano gli animali più forti al mondo quando trovano la chiave per far esplodere l'amore per i figli, quando non lo soffocano ma lo lasciano sfogare.
Diobò SIC.

mercoledì 10 ottobre 2012

Varie ed eventuali e gelosia fra fratelli e sorelle....

Forse ho già fatto una roba del genere, mi ripeterò.
Alcuni falsi miti dell'essere genitore.
Prima cosa: padri vi svelo un segreto per assicurarvi l'amore incondizionato di vostra moglie per tutta la vita. Se, come è capitato a me, non avete la possibilità di allattare e in tanti faranno sentire vostra moglie meno madre per questo fatto (state tranquilli, ce ne sono tantissimi) voi potete dire tranquillamente che le mie figlie sono cresciute benissimo senza latte materno e che Gaia durante il primo inverno non si è presa l'influenza, nonostante non avesse latte materno e andasse all'asilo. Poi potete dire, guardandola teneramente: “Mi sento egoista ma un po' sono contento, così posso occuparmi anche io di lei/lui e darle/gli il latte di notte”. Con questa siete a posto per gli anni a venire. Poi vostra moglie forse non ve lo farà mai fare, si sveglierà sempre lei ma voi le avrete detto la mitica frase.
Io adesso ho due figlie: in cinque (numero esatto) mi hanno detto “chissà come sarà felice Gaia (la maggiore) con una sorellina”. Ho perso il conto di quelli che mi hanno detto: “ah, adesso dovete fare attenzione che non diventi gelosa”. Ora, se voi vi comportate con vostra figlia come se dovesse diventare gelosa state pur certi che diventerà gelosa. Siate furbi. Lasciate che le vostre figlie siano complici, lasciate che ci siano giochi loro e non giochi di una da prestare all'altra. Gaia può giocare coi giochi da neonata, che sarebbero più adatti a Bianca. Li usa trenta secondi e poi si annoia. Ma sono lì, nessuno le dice “sono di tua sorella”. Tre giorni fa voleva mettersi le scarpine di Bianca, non le ho detto che sono piccole, lei le ha provate, non ci stava, ha voluto le sue. Non date per scontate che siano gelose, conosco un sacco di figli unici che avrebbero voluto un fratello o una sorella ma pochi con fratello o sorella che mi dicono “ahhh, fossi stato figlio unico”. O almeno pochi che lo dicono seriamente. Un fratello o una sorella sono una figata. Partite da questo assioma per costruire il vostro atteggiamento.
Poi, anche Gaia quando la sorella dorme la sera vuole più attenzioni e vuole giocare ma non vuole meno sorella, vuole più genitori...chiara la differenza? Non è qualcosa che abbiamo tolto e per la quale dobbiamo incolpare la sorella, è qualcosa che possiamo dare in più e per la quale possiamo prenderci l'impegno. E' una questione di come si vedono le cose.
Ultima poi per oggi basta, anche se ce ne sarebbe.
Per questa ringrazio pubblicamente Lorenzo che mi ha consigliato un libro dove l'ho trovata scritta la prima volta. Diffidate da chi vi dice “se il figlio piange non prenderlo in braccio, gli date il vizio”.
Posso dire....ma che vizio, razza di disagiato sociale!!!!!! Tenere in braccio un figlio è un vizio?!?!?!? Mi spieghi che cazzo lo metto al mondo a fare se non posso ostentare affetto quando piange e ha bisogno!?!?!?!??!?! Poi bisogna capire quando ha bisogno oppure no, in alcuni casi piangono e rompergli i coglioni è peggio. Però vi dico, tutte le volte che Gaia piangeva ed era disperata, per qualsiasi motivo, io l'ho presa in braccio e l'ho stretta forte a me e le ho detto che il suo babbo l'amava alla follia. Come risultato adesso Gaia non ha mai bisogno di un abbraccio, viene da me quando vuole giocare e sa' che quando si fa male può trovare un abbraccio terapeutico, che quando ha paura mi trova pronta a stringerla. Non ha il vizio di starmi in braccio e aggiungo purtroppo.
Oggi mentre uscivamo dall'asilo, lei, Bianca ed io le ho chiesto se potevo tenerla in braccio. Sono uscito con le mie due bimbe in braccio, più di venti chili e non ho pensato “cazzo che fatica”, ho pensato “mi mancherà. E succederà molto velocemente”.
In definitiva, non è abbracciandole o tenendole con voi quando hanno bisogno che sbaglierete.
Siete genitori, non sergenti maggiori.
Basta che mi chiamano, DEVO ANDARE.

mercoledì 3 ottobre 2012

Serve una miccia, solo che non c'è più.

Allora, oggi ero sul furgone con mio babbo che si parlava dello schifo in Italia. Abbiamo fatto due commenti.
Il primo è che adesso non c'è più pericolo di fare figure di merda a parlare di politica. Una volta, specialmente in certi ambienti, ci si muoveva cauti per capire se il nostro interlocutore la pensava come noi o meno, per evitare di parlare un ora ed essere d'accordo su tutto e poi scoprire che l'altro era “dall'altra parte”. Adesso non è più così, siamo tutti contro, tanto lo schifo è generalizzato e chi fa ragionamenti del tipo “più di qua o più di là” non gode della mia attenzione.
Il secondo ragionamento riguarda la quasi totale assenza di ribellione da parte di noi Italiani. Cioè, manifestano ovunque tranne che in Italia.Tanto la vignetta con la foto dell'Italiai in fila per l'iPhone con il confronto con la Spagna l'abbiamo vista tutti.
Ora, un furgone con mio babbo e me forse non è massima espressione dell'intellighenzia mondiale (avrei giurato che si scriveva intellighentia.....) ma credo che abbiamo elaborato un pensiero sensato.
Una volta tutte le grandi proteste, quelle che avevano portata diffusa, non quelle legate al disagio di una singola categoria, partivano sempre dall'Università.
Una volta chi frequentava l'Università aveva la leggerezza di chi ancora è fuori da un meccanismo lavoro-casa-famiglia-finemese-pensione, aveva la passione tipica di chi ha vent'anni, aveva valori ed era inserito in un ambiente in cui c'era fermento culturale.
Adesso l'Università si è impoverita, non è più un centro culturale di così grande portata, non è più il posto dove un ragazzo può trovare confronto e forza. La mia esperienza nel vecchio mestiere mi aveva già portato a notare come, per raggiungere un fine giusto e ammirevole, fosse stato utilizzato un approccio sbagliato: per rendere accessibile a tutti l'Università e creare maggiore diffusione di conoscenza e cultura era in realtà stata semplificata, a tratti banalizzata.
Credo che adesso manchi un centro culturale anche per accendere la miccia, ci vuole un ambiente in cui ancora ci possa essere leggerezza (io con due bimbe, la famiglia ed i debiti non riuscirei a mollare tutto e mettermi in gioco per portare avanti una protesta, sono onesto. Voi?) e servono menti pronte, con valori e voglia di provarci, ci vuole un po' di incoscienza con dei valori.
Io credo che se vedessi esplodere la protesta potrei supportarla, potrei seguire una marea se ne vedessi i giusti valori e obiettivi. Credo che in molti vorrebbero “andare a Roma” ma serve qualcuno da seguire e serve che questo qualcuno non sia un leader, fa troppa paura. Tutti vorremmoa ndare ma nessuno vuole partire.
Però, se ci fosse un gruppo di ragazzi che tutti noi guardiamo consapevoli che sono portatori di valori, di voglia e di cultura credo che in tanti potremmo seguirli. Poi una volta partiti....
Oggi ho anche pensato una roba che adesso mi mettono in carcere: ma se io arrivo a Roma e comincio a prendere a badilate un politico siamo sicuri che le forze dell'ordine mi fermano.
Non lo fate, però rispondetevi.

martedì 2 ottobre 2012

Un post di auto consapevolezza: proteggere e non difendere.

Quello che segue è un posto di auto-consapevolezza, di quelli che non vi diranno molto ma servono a me per sedimentare un comportamento, un atteggiamento, un modo di fare che voglio sedimentare.
Però voi leggetelo, mi raccomando.
Nel medioevo le città venivano circondate da mura e in cima a queste mura venivano messe delle feritoie che venivano usate per difendere gli abitanti con olio bollente, pietre e quant'altro potesse essere usato contro gli invasori.
Sapevo la foto di una scala sarebbe tornata utile
Avere un figlio è più o meno uguale, si può essere protettivi (mura di protezione) o difensivi (cannoni, olio bollente, pietre).
Io sono per essere difensivo, almeno come percezione. Ovvero quando Gaia si affaccia in cima alle scale per scendere mi verrebbe da prenderla in braccio e tenerla lontano da tutti i pericoli che potrebbe incontrare in quei dodici scalini: inciampi, cadute, mostri cattivi, spread, disoccupazione giovanile, Babau, uomo nero (o diversamente scuro), istituti di credito, vendite a rate e tutto quello che è pericoloso e che si può trovare lungo le scale.
Però mi rendo conto che è sbagliato. D'altro canto non posso neppure fregarmene e lasciare che la città venga depredata continuamente. Quindi mi sforzo, vi giuro che è una lotta continua, per essere solo protettivo: quando Gaia si affaccia in cima alle scale io mi metto 4 gradini avanti a lei pronto a proteggerla da un'eventuale caduta ma lasciando che metta in fallo un piede, che perda l'equilibrio, che si aggrappi alla ringhiera, che caschi sul sedere.
Pare poco ma quando avrete un figlio vi sembrerà più chiaro, specialmente i primi giorni quando riterrete impossibile togliere e mettere un body senza lussare una spalla o rompere delle dita. Fate presto a ridere adesso.

L'ho già detto in un altro post, la mia tendenza è quella di impedire che eventi casuali possano nuocere alle mie piccole ma ho capito che non è la strada giusta.

Allora ho pensato, tanto. Tanto perchè sono persona dai pensieri semplici e mi ci vuole tempo. Comunque, mentre pensavo mi è venuto in mente l'esempio della città fortificata ed ho pensato che le mura resistono anni mentre le armi, le pietre, l'olio spariscono. Quindi, se mi comporto come un muro di cinta e proteggo mia figlia senza difenderla lei allora mi terrà sempre con sé, non sarò qualcosa che sparirà, qualcosa di inutile, ma potrei diventare qualcosa di bello. Poi, quando si stancherà delle mura non dovrà far altro che trovare la porta ed uscire, le mura non sono in grado di seguire le persone ma sono lì ad aspettarle se serve (ok, adesso faccio il figo ma su questo passaggio dovrò lavorare.....già lo so).
Già, questa metafora (che meritava di finire in mani più decenti e diventare il titolo di un libro sulla puericultura) mi aiuta a ridimensionare il mio ruolo e mi ricorda di aspettare, di non intervenire ma di proteggere.

Bene, anche questa è fatta.