Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

martedì 29 marzo 2011

Strani ricordi

Ogni tanto nei film americani compare il tormentone "dov'eri quando hanno sparato a Kennedy?".
Questo per dire che gli americani sanno esattamente dov'erano quel giorno.
Ho fatto mente locale, due sono gli eventi che hanno un solco ben impresso nella mia mente.
Io ricordo esattamente il 1 maggio del 1994 e l'11 settembre del 2001.
Il primo evento riconduce alla morte di Ayrton Senna.
Non sono mai stato un grande amante della Formula1 ma da allora non l'ho più seguita, non mi ha più appassionato.
Quel giorno ero andato in campagna coi miei genitori ma ero rientrato presto per studiare. Ricordo che avevo un compito in classe di Biologia. Ricordo di non aver studiato un cazzo, quel giorno. Ricordo di aver inseguito notizie sui tg fino alla conferma della morte.
Il secondo evento è più noto, si tratta dell'attentato alle Torri Gemelle, l'evento che ha scatenato una serie di eventi che ancora sono attuali, a distanza di dieci anni.
Quel giorno ero alla biblioteca Classense, studiavo per l'esame di Sociologia del Lavoro. Mi arrivò un sms da una compagna di facoltà e da lì cominciammo a connetterci a internet e poi tutti al bar o a casa. Io ho scoperto quel giorno chi fosse Bin Laden, lo ammetto.
Ecco, questi sono i due eventi nitidi nella mia memoria, ovviamente eventi che non mi riguardano direttamente.
Pensavo di ricordarmi altre cose, la Mecnavi, Falcone o Borsellino, la caduta del muro, Lady D, la morte di Freddy Mercury o di Kurt Cobain, Giovanni Paolo II.
Invece no, nella mia mente rimangono molto forti quei due pomeriggi, quei due eventi.
Ricordo che il compito di biologia andò benino, l'esame fu l'unico che non superai al primo colpo all'università.

lunedì 28 marzo 2011

Profezie che si autoavverano e ottimismo - post numero 100


Il Nord Africa è in subbuglio, lo scorso anno il golfo del Messico è stato invaso da petrolio fuoriuscito da una piattaforma esplosa, in Giappone un terremoto ha causato danni incredibili e coinvolto anche una centrale nucleare con danni che ancora non possiamo immaginare.
E mi fermo ma credo di dimenticarmi ancora molte cose. 
Cosa succede, forse avevano ragione i Maya, forse la fine del mondo è vicina.
Non ne ho idea, al mondo si fanno talmente tante previsioni che, per la legge dei grandi numeri, ogni tanto qualcuna è azzeccata. Ogni tanto capita pure che qualcuno vinca al superenalotto, se è per questo. Forse la previsione di fine del mondo dei Maya è quella giusta.
Però potrebbe non esserlo.
Per stare dalla parte del sicuro vorrei riportare brevemente un altro fenomeno psicologico abbastanza noto: la profezia che si auto adempie (o autoavvera).
L’espressione la di deve a Merton e a Watzlawick. In buona sostanza ci dice che una profezia che si auto avvera è una predizione che, nel venire fatta, fa sì che diventi vera.
Gli esempi classici sono quelli del mercato finanziario. Se noi tutti cominciamo a credere che ci sarà una crisi molto probabilmente cominceremo a ridurre e poi ad eliminare i nostri investimenti, assumendo un atteggiamento più prudente in vista della suddetta crisi. Perdere fiducia nel mercato finanziario, vendere le azioni è l’anticamera della crisi stessa.
Quindi la paura della crisi determina comportamenti che portano alla crisi.
Se cercate su infernet troverete mille altri esempi significativi.
Quindi in conclusione cerchiamo di non portarci sfiga da soli.
Come detto, al mondo ci sono mille profezie ogni istante, mille  più santoni, beati, maghi, visionari, ecc che ogni istante vaticinano un futuro fatto per lo più di sfighe.
Proviamo a reagire con un sorriso invece che cominciare a fare di tutto perché queste cose si avverino.
Anche perchè spesso una profezia si porta dietro un senso di determinato che ci rende apatici e statici mentre l'ottimismo ci porta dinamismo e voglia di fare.

venerdì 25 marzo 2011

Il mondo invecchia

Una riflessione velocissima.
Recentemente abbiamo sentito che in Tunisia l'età media della popolazione è di 29 anni, che in Egitto è di 24 e aggiungo che in Algeria siamo attorno ai 27 (età media, non aspettativa di vita).
Bene, in Italia siamo a 42.
Ho cercato i paesi del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) ma ho trovato solo Cina (33) e India (26).
Ho invece trovato un riassunto relativo alle aree geografiche con una proiezione al 2050.

In pratica, l'Europa nel 1990 era a 37 e sarà nel 2050 a 47.
Con lo stesso ordine abbiamo Africa 18 e 31; America Latina 24 e 38; Nord America 36 e 42 e Asia 26 e 39.

I fattori che comportano questi dati sono diversi, indubbiamente la qualità della vita porta ad un innalzamento dell'età media, ecco perchè noi nazioni "comode" siamo più vecchie.
Così come l'indice di natalità, noi siamo comodi e vogliamo anche stare comodi, un figlio ci basta e ci avanza.
Unico dato un po' strano in quest'ottica è quello cinese, considerando che le nascite sono monitorate e limitate mi pare che 33 non sia così alto. Comunque si evince che in generale il mondo si invecchia.

Però questo è uno dei casi in cui il motivo che genera un numero non è interessante, è interessante ragionare sulle conseguenze che questo numero porta.
Ovvero ormai ci teniamo questa situazione.
La cosa che dobbiamo tener presente è che anche le nazioni citate prima ormai accedono alle stesse risorse cui accediamo noi, alle stesse tecnologie e, progressivamente, alle stesse possibilità.
Da un lato è bene, dato che ci servirà qualcuno che ci paga la pensione, dall'altro vuol dire fare uno sforzo per gestire questa situazione.
Un'opzione è quella di bombardare questi popoli fino a quando la disparità di condizioni ci permetterà una posizione di vantaggio.
La seconda è di fare uno sforzo di integrazione e di accetazione di questa ennesima diversità al mondo.

Beh, avevo premesso, riflessione velocissima e poi basta: il mondo invecchia ma alcuni invecchiano prima e altri portano male i propri anni. Prima o poi bisogna che ci pensiamo. Chissà, magari la crisi ha aumentato la nostra natalità.

mercoledì 23 marzo 2011

Questo video mi aiuta a trovare le risposte






Questo video mi aiuta a trovare le risposte.
Non so perché.
Forse perché mi emoziona, forse perché dentro c'è la terra, forse perché mi ricorda solo persone importanti.
Mi ricorda quanto sia bello il mondo, quanto sia forte e mi aiuta a tenere bene in mente che il mondo in cui vivo è un prestito di mia figlia più che un lascito dei miei genitori.
O forse mi ispira perché si vede la forza della natura e per contro la determinazione di piccoli esseri che non si arrendono: gli uomini.
Se aiuterà voi come me sarò contento, diversamente godetevi le immagini.

Un consiglio, allargate l'immagine

lunedì 21 marzo 2011

Il nucleare e le scelte per paura e ignoranza. Questa volta la sparo grossa

Nucleare sì o nucleare no.
Ormai tiene banco la questione nucleare.
24 anni dopo il referendum del 1987 pare che saremo nuovamente chiamati a prendere posizione.
Già, ma posizione su cosa?
Io sono molto ignorante in materia, di primo acchito il nucleare mi spaventa.
Però sono anche convinto che col referendum del 1987 abbiamo perso una grande occasione e non ci siamo sottratti ad un rischio. I nostri vicini di casa hanno centrali nucleari, se ci spaventa una centrale in Giappone figuriamoci una in Germania o in Francia.
Certo, l'anno precedente Chernobyl aveva scosso l'Europa e non solo. Fra l'altro il 26/04/2011 saranno 25 anni. Quella esplosione ha causato una serie di conseguenze incredibili, conosco almeno 10 persone più o meno mie coetanee che hanno avuto problemi alla tiroide e una spiegazione potrebbe (potrebbe!) essere stata Chernobyl.
Come non aver paura. Dopo il 26/04/1986 ci siamo strafatti di Iodio tutti, non vorremmo mai dover ripetere.
Però mi sto convincendo che per decidere serva altro, che una decisione figlia della paura l'abbiamo già presa e sono convinto che sia stata sbagliata. Se non altro perchè ci dovrebbe aver tolto la paura. Ribadisco, se sapere che in Lombardia non ci sono centrali ma averne nel Sud della Francia ci toglie la paura allora smetto di scrivere.
Sapete cosa vorrei, un piano energetico. Qualcuno che mi dica dove si può fare che cosa e come.
Che qualcuno mi dica che in Puglia faremo gli impianti fotovoltaici perchè ne trarremo questi benefici in questi anni, che questo porterà tot energia e tot posti di lavoro; che magari in Sardegna faremo invece l'eolico perchè più adatto e da qualche parte anche il nucleare. Vorrei che qualcuno potesse seranamente raccontarmi questi progetti perchè è compentente, non ne posso più di sentire gente esperta che ogni settimana diventa esperta di altre cose. Mi manca di sentire Cassano che parla dei rischi del nuclare e siamo a posto.
Io voglio poter scegliere sulla base di informazioni, non solo della paura. Le emozioni devono essere un driver delle nostre scelte ma non possiamo farci imporre ingoranza e paura.
Cosa bisogna fare? Non ne ho idea, però su questo aspetto vorrei che fossimo trasparenti.
Questo non riguarda i prossimi 5 anni della mai vita, riguarda la vita di mia figlia e forse dei miei nipoti e voglio poter dire loro che ho scelto con attenzione, senza paura. Ho promesso a Gaia che avrei avuto coraggio nel lasicarle il mondo e non posso pensare di non averne, specialmente se la mia paura è figlai dell'ignoranza, non posso farglielo. Oppore voglio poter dire che avevo paura ma che poi ho eliminato la fonte della paura, che abbiamo fatto sacrifici ma abbiamo eliminato il nucleare, magari privandoci di qualche cosa.

In fin dei conti saremo sempre dipendenti dal petrolio, questo è evidente, non abbiamo mai avuto abbastanza coraggio per privarcene quando si poteva, quello che facciamo adesso sono tutte toppe, non sono interventi struttturali.
Sono convinto, così come diceva un mio professore al liceo, che la vera fonte di energia alternativa sia il risparmio.

AGGIUNTO DOPO: quello che dovrebbe spaventarmi non è il nucleare ma il pensiero che il nucleare non venga gestito con la necessaria professionalità perchè gli interessi si diversificano.

giovedì 17 marzo 2011

Auguri Italia.




17 Marzo 2011. 150 anni di unità d'Italia.
Nella mia eterna lotta contro l'invecchiamento ho deciso di fare una cosa tipica della scuola: il tema sull'unità d'Italia. Mi immagino schiere di studenti coinvolti in temi, compiti in classe, interrogazioni e pensierini aventi come oggetto il compleanno della cara vecchia penisola.
Lo faccio pure io, così mi sento giovane dentro.....

L'Italia è una terra di diversità.
Abbiamo mare, montagne, pianure, abbiamo il vento che spazza via e la nebbia che ristagna. Abbiamo il Nord-Est, il Centro, il Sud, la pianura Padana, le Isole, gli altipiani, i tavolieri, i laghi e gli statuti speciali.
Anche noi italiani non ci assomigliamo, siamo alti e mori o bassi e biondi, abbiamo occhi chiari e pelle olivastra. Parliamo lingue diverse, i nostri dialetti non sono solo accenti, sono lingue vere e proprie: se volessimo riusciremmo a non capirci fra Ravenna e Cesena, parlando dialetto.
Siamo il sogno di unire l'Africa e il Nord Europa. Sono 150 anni che che non ci riusciamo. Anzi, sono 150 anni che in realtà non ci proviamo.
Altri sono stati più veloci, vedi le due Germanie (Est e Ovest), altri sono più uniti, penso agli americani. Noi siamo qui, abbiamo tutta questa diversità, qualche soggetto che prova a rivendicare l'indipendenza di questa diversità, ma siamo ancora qui.
Ci sono nazioni che si sfaldano o si sono sfaldate a colpi di diversità, popoli uniti da una guerra che hanno rialzato confini che una penna aveva abbattuto su un atlante. Noi non siamo così, non ci unisce una linea blu su un atlante, ci unisce la geografia, ci unisce il mare e le Alpi relegandoci in una lingua di terra che ci obbliga a stare vicini. Nonostante questa vicinanza, nonostante queste differenze siamo qui.
Ce l'abbiamo fatta perchè abbiamo una cultura e una storia che nessun altro al mondo può vantare e perchè sappiamo sopravvivere, sappiamo adattarci.

Bene, oggi che sono 150 anni che l'Italia e riunita (riunita e non unita) penso che sia arrivato il momento di capire che le nostre differenze sono la forza che le altre nazioni non hanno.
Penso alla Germania che ha ricostruito la sua posizione di grandezza internazionale a colpi di tedeschi, turchi, polacchi e altro.
Perchè non lo vediamo, gli altri si sono rafforzati accettando diversità, noi ne siamo già pieni solo che abbiamo già molto di più. Anche i francesi sono francesi, magrebbini e altro.

Auguri Italia, non vorrei vivere in nessun altro posto, mi piace stare in una nazione con così tanto potenziale. Spero solo di vivere abbastanza per godermi il momento in cui capiremo che quello di cui ci lamentiamo è la nostra risorsa migliore.

mercoledì 9 marzo 2011

Le funzioni della tecnologia: il miracolo Bimby Vorwerk

A cosa serve la tecnologia?
Questo è uno di quei quesiti che mi viene da pormi mentre mi reco in macchina al lavoro .
Puntualmente mi intrippo in strani ragionamenti ma questa mattina sono venuto a capo del mio ragionamento.

Ormai diversi mesi fa in casa mia è comparso il Bimby, attrezzo della Vorwerk. Si tratta di un attrezzo multiuso da cucina. A differenza dei normali robot da cucina ha il vantaggio che è in grado di cucinare i cibi, non solo di prepararli.
Non voglio dilungarmi sul Bimby, non è questo lo scopo, ma mi serve per sintetizzare il mio ragionamento sulla tecnologia.
Il Bimby mi permette di avere i due macro vantaggi che un prodotto tecnologico mi dovrebbe mettere nelle condizioni di avere: mi fa fare cose che da solo non riuscirei a fare; mi fa risparmiare tempo.
Bimby mi ha permesso, anzi ha permesso a Giulia che è più capace di me, di preparare diversi piatti molto complessi, di deliziare genitori ed amici. Se sfoglio il libro delle ricette mi rendo conto che io stesso sarei in grado di preparare cose al di fuori della mia portata. Di fatto semplifica alcune cose complesse e ne rende possibili altre che non sarebbero possibili in una normale cucina domestica.
La seconda funzione che si esplicita è quella di Time Saving (adoro usare espressioni finto manageriali…): tu metti gli ingredienti, gli dici cosa fare e lui dopo il giusto tempo ti avvisa che è pronto. Non devi mescolare nulla, lo fa lui. Non devi prestare attenzione che qualcosa non si “attacchi” o che si bruci.
Quindi questa mattina sono arrivato alla conclusione che la tecnologia deve rendere possibili e facili cose non accessibili o complesse oppure deve permetterci di risparmiare tempo.
A mio avviso il secondo aspetto, il Time Saving (è più forte di me, lo scrivo pure maiuscolo…..), è l’aspetto più importante. Questo perché la mia quotidianità è ben diversa da quella di un fisico del CERN e quindi mi confronto con difficoltà che sono più relazionali che tecniche. Questo non significa che io non apprezzi anche l’opportunità di fare cose complesse in maniera semplice….però ho più a cuore il discorso del tempo.
Ecco, arrivato a questo punto, durante il mio viaggio in auto, mi son fatto un’altra domanda: cosa ne faccio del tempo che la tecnologia mi permette di risparmiare?
Ero all’altezza di Coccolia e ho pensato che se la mia auto mi portasse al lavoro da sola magari potrei schiacciare un pisolino. Poi ho pensato che sarebbe un peccato. Dovrei quanto meno leggere, se non avessi bisogno di guidare.
Da qui mi son reso conto come spesso la tecnologia mi faccia recuperare tempo per la mia pigrizia e come questo sia sbagliato. Se esiste la lavastoviglie che mi fa recuperare mezzora al giorno di lavaggio piatti (che Dio abbia in gloria chi ha inventato la lavastoviglie….) io devo poter sfruttare quel tempo in modo ottimale. Se il mio PC elabora per conto suo un’analisi che altrimenti io dovrei fare a mano in due ore, io devo poter recuperare quel tempo. Lavorando per noi, al posto nostro, la tecnologia ci offre la possibilità di essere in due attività contemporaneamente e dobbiamo sfruttare questa condizione. Quando il Bimby cucina la frittata (fra l’altro a vapore, ve la consiglio) Giulia ed io giochiamo con Gaia. Questo è spettacolare, questo è utile. Se il mio PC elabora per me un’attività e mi fa risparmiare tempo che io impiego sul divano allora è un peccato, uno spreco.
Quindi bisogna rimanere sempre concentrati e sapere che la tecnologia deve portare sempre almeno due vantaggi e che il nostro compito è sfruttarli.

martedì 8 marzo 2011

Festa delle donne e Calcio

Oggi è la festa della Donna. Si tratta di una festa molto importante, che racchiude in sé mille significati. Riguarda la pari dignità, gli stessi diritti, le pari opportunità.
Come spesso accade il “contorno” si è arricchito negli anni, portando anche ad alcune forme di degenerazione.
Non mi riferisco tanto a spogliarelli o altri momenti “goliardici”, mi riferisco soprattutto ai commenti che ne seguono. E’ l’idea di “libera uscita” abbinata alla festa che è sbagliata, cioè il fatto che la si consideri "libera uscita", eccezione al quotidiano.
Ma non volevo parlare di questo.
Tempo fa lessi una frase che mi colpì: “sono pronto a riconoscere la superiorità delle donne a patto che smettano di chiedere la parità”.
Questo mi ha portato ad una riflessione. La riflessione riguarda la diversità.
Per anni le donne si sono battute per chiedere la parità dei sessi, le pari opportunità. In tutto questo, in alcuni casi, si è creato l’alibi trasformando la parità dei sessi in uguaglianza dei sessi.
Uomini e donne non uguali, è evidente.
Questo fa sì che siano situazioni in cui questa diversità emerge ma ci sono la maggior parte delle occasioni in cui questo non comporta alcuna differenza.
Faccio un esempio calcistico per provare a semplificare il mio pensiero, essendo uomo quando c'è un pallone mi capisco meglio......
Samuel Eto’o e Zlatan Ibraimovic.
Sono due attaccanti, hanno la stessa età. Uno è piccolo, veloce e si muove tantissimo, l’altro è un marcantonio con piedone immenso che funge spesso da centroboa.
Sono due attaccanti agli antipodi, come caratteristiche.
Sono diversi, avere uno o l’altro cambia faccia a tutto il sistema.
Però il risultato è che uno fa una caterva di goal e l’altro ne fa una valanga.
In questo caso ci sono differenze evidenti che portano allo stesso risultato: fanno goal e risolvono problemi.
Ecco, il senso è proprio questo, la diversità è un valore aggiunto, sempre. L’ho già scritto, fra l’altro.
La cosa importante che voglio trasmettere è che le differenze devono essere tenute in considerazione, devono essere sfruttate per ottenere eccellenze ma, eccolo il ma, in molti frangenti le differenze ci sono ma possono portare a risultati analoghi.
Semplicemente ci sarà un altro modo, un modo più giusto in base alla proprie caratteristiche per realizzare quello che si vuole fare ma il risultato sarà analogo.
Godiamo delle diversità, sfruttiamole per creare eccellenze e non alibi. Gli alibi non reggono, Eto’o fa una caterva di goal e Ibraimovic, purtroppo, non è da meno. E hanno caratteristiche diverse.

Detto questo auguri alle donne, specialmente alle mie. Siete speciali ogni giorno, oggi è solo un giorno in cui mi ricordo di dirvelo.

Come Roberto Saviano, le mie 10 cose per cui vale la pena vivere

Domenica sera ho visto Roberto Saviano da Fazio.
Preannuncio che invidio moltissimo il suo talento e spesso non sono onesto nel dare giudizi su di lui, offuscato dall’invidia.
Però, al di là di tutto, è un personaggio che ammiro e rispetto. Lo rispetto moltissimo, per il coraggio.
Lo ammiro per il dono che ha, quello di rendere accessibili anche le storie più complesse. Lui rende facile il complesso. Questo è quello che gli invidio: racconta con una facilità ed una semplicità unica storie complesse, intricate. E’ un dono, sicuramente, ma è anche indice di grande preparazione, di attenzione, di ricerca. Troppa, è per questo che ogni tanto non trattengo la stima e diventa invidia.
Ieri Fazio gli ha chiesto della politica, per sapere se intende candidarsi o meno. Il mio pensiero è stato “oddiosantissimo no”. Poi mi sono chiesto il perché di questa reazione. Perché Saviano è un bel personaggio, in ogni caso è libero, non vorrei fosse limitato dalla politica.
Il mio pensiero successivo è stato di vergogna, in che posto vivo se ho premura di tenere lontani dalla politica i personaggi che ammiro.
Non dovrebbe funzionare così, la politica dovrebbe attrarre personaggi eccellenti (poi ognuno può dire la sua liberamente sull’eccellenza di Saviano, il ragionamento è un altro, ovviamente) e non allontanarli. E’ vero che è un mestiere da professionisti, dove non ci si può improvvisare (!?!?!?!) ma ritengo che ognuno di noi dovrebbe aspirare ad avere le capacità di fare il politico. Invece non è più così, la politica ormai non è più un centro di eccellenza e il mio pensiero è stato “no, dai, lasciamolo stare, non roviniamolo con la politica”. Mi faccio pena da solo se il mio Stato mi fa fare questi pensieri. In passato ho scritto che mi piacerebbe fare il “Principe d’Italia”, che vorrei circondarmi di una decina di personaggi eccellenti e con loro raddrizzare l’Italia. Beh, i personaggi eccellenti dovrebbero essere attratti anche senza di me…..
Ok, lasciamo perdere questo ragionamento amaro, doveva essere solo un preambolo.
Volevo prendere spunto dalla puntata di ieri sera di “Che tempo che fa” per fare anche io un elenco, lo stesso che ha fatto Saviano: l’elenco delle dieci cose per cui vale la pena vivere. Non sono in ordine di importanza, come detto da Saviano, sono di getto, come vengono in mente:
Uno, svegliarsi la mattina e ritrovare Giulia. Vederla la mattina al mio fianco vuol dire che ogni cosa importante è al suo posto. La notte è sempre un momento di assenza, trovare al suo posto Giulia al risveglio significa che la notte non ha portato via nulla, significa che c’è tutto quello che mi serve e che mi è necessario;
Due, il sorriso di Gaia quando mi mette a fuoco. Non so perché mi sorride, è piccola, non può capire chi sono e cosa prova per me. Però quel sorriso lì ce l’ha solo per me e io dopo mi sento un uomo immenso, mi fiorisce il cuore;
Tre, essere interisti. Già, essere interisti vuol dire provare l’intera gamma di emozioni che una passione sportiva possa farti provare: rabbia, delusione, derisione, felicità, estasi, ammirazione, orgoglio, esaltazione, sconcerto, schifo,ecc ecc. E provare emozioni è sempre bello;
Quattro, avere un suocero Vigile del Fuoco, anzi, Pompiere e una suocera maestra all’asilo. Il primo perché mi fa sentire orgoglioso, perché so che quando ci sono brutte cose da fare sono i Pompieri che vanno avanti e gli altri seguono, spesso solo per prendersi gli applausi e gli articoli. E lui l’ha scritta negli occhi questa passione e io l’ammiro. La seconda perché è bello pensare che i nostri figli sono in mano a persone così;
Cinque, mia mamma, perché è nata per fare la mamma, perché mi ha protetto da tutto e mi ha fatto divertire un sacco, perché sono stato un bambino felice e adesso non potrei sperare infanzia migliore per Gaia;
Sei, la moto, anzi la solitudine che può creare l’andare in moto. Il momento in cui fai un cenno ai tuoi compagni, chiudi il casco e il resto del mondo rimane resto del mondo. C’è un istante preciso, quando il casco si chiude, in cui senti per un attimo il resto del mondo che si allontana, i suoni si attutiscono e nella tua testa diventa chiara la tua stessa voce, senti solo te stesso, i tuoi pensieri. E’ un momento intimo, che ognuno può interpretare a suo modo;
Sette, il mare. Chiunque sia nato vicino al mare ha un cordone ombelicale che lo lega forte al mare. Io farei fatica a vivere lontano dal mare, sapere che è lì in estate e in inverno mi serve. E’ la cosa pericolosa che si possa avvicinare di più, puoi addentrarti in lui ma devi sempre ricordarti che sarai al sicuro solo quando capirai che è pericoloso. Merita rispetto e ammirazione;
Otto, le telefonate animate con mio babbo, quando ci appassioniamo, quando sembra che al mondo solo lui ed io abbiamo ragione e ci stupiamo di come gli altri non ci capiscano, quando ci animiamo perché abbiamo trovato qualcuno che ci capisce, che segue i nostri ragionamenti, e questo qualcuno può essere solo tuo padre o solo tuo figlio;
Nove, l’ingegneria. Io non sono ingegnere e non ammiro particolarmente lo stereotipo dell’ingegnere. Però vedere realizzate dall’uomo costruzioni avveniristiche, vedere l’uomo trovare soluzioni tecniche innovative, vedere accettate sfide tecniche avvincenti mi piace e mi entusiasma, anche se non capisco la soluzione, mi basta cogliere che il problema è complesso (non grande ma complesso).
Dieci, Andrea, Fabrizio, Marcello, Filippo, Alessandro, Massimo, Simone, Francesco, Giovanni, Mattia, Lorenzo, Mauro, Guido, Enrico, Gianluca, Marco, Eugenio e tutti gli altri e le altre, insomma, gli amici.

sabato 5 marzo 2011

Verità e sincerità

L'altro giorno ho pubblicato sulla mia bacheca di facebook una frase del tipo "la verità non esiste, tutt'al più esiste la sincerità".
Mi è venuta in mente all'altezza di Ducenta, mentre tornavo a casa in macchina sotto la neve. L'ho dettata ad un'applicazione del mio iPhone e poi, quando mi ha chiesto cosa farne, l'ho pubblicata su facebook.
Da allora ho ripensato al senso di quella frase. Tutto sommato la condivido ma vorrei fare qualche precisazione.
Prima di tutto la verità esiste, dire che non esiste potrebbe creare molti alibi. Quindi esiste la verità, si tratta di riprodurre fedelmente tutto quanto stiamo cercando di raccontare. Diciamo che forse non è così facile accedere alla verità. Mettiamo che si voglia raccontare un fatto cui abbiamo assistito, magari due persone che litigano. Noi non possiamo sapere il perchè litigano, a meno che non venga esplicitato in quel frangente in cui noi seguiamo la scena. Non possiamo neppure sapere se litigano sul serio, stanno giocando, scherzando, recitando, a meno che non siamo nella condizione di veder nascere la scena. Quindi potremmo raccontare una verità parziale, data da quello che vediamo.
Però un concetto come la verità non può essere relativo, la verità è assoluta. Quindi noi, a meno che non siamo in condizione di avere tutte le informazioni, quello che possiamo fare è essere sinceri, ovvero riportare quanto sappiamo attenendoci fedelmente a quello che possediamo.
Questo porterebbe ad eliminare anche quel fenomeno delle mezze verità, delle omissioni. A tal proposito ricordo che le omissioni, per definizione dello statuto internazionale dei bimbi piccoli NON sono bugie, a dispetto di quello che può dire la Chiesa.....
Ma tornando ad essere seri (?!?!), perchè noi chiediamo sempre di dire la verità, se questa è così difficile da raggiungere e se ci permette di nasconderci dietro a vizi di forma legati alla relatività delle informazioni in nostro possesso?
Insomma, insegniamo e chiediamo verità quando sembra una richiesta assurda.
Lo chiediamo proprio perchè è piena di alibi, perchè chiedere di dire la verità è una di quelle richieste senza ritorno, di fronte ad una richiesta di verità si minano i rapporti, viene meno la fiducia, si incrinano i legami, anche i più forti.
Allora non si può essere assolutisti, non possiamo chiedere così tanto e non dare la possibilità di scappare senza per forza tradire la fiducia. Dobbiamo dare ed avere un secondo grado di appello, in caso di necessità.
Se invece chiedessimo ad una persona di essere sincera non le daremmo scampo (e non ce ne daremmo noi a nostra volta), in quel caso ci si dovrebbe confrontare sul serio, fino in fondo.
Quindi? Non ne ho idea. Però provo a riassumere.
La verità esiste ed è unica, solo che può nascondersi dietro alle mille variabili che la generano e che non possono essere sempre a nostra disposizione.
La verità può essere complessa ma non può essere interpretata, in questo caso usciamo dal range degli alibi.
Chiedere ad una persona di dire la verità offre sempre una via di scampo, una fuga arroccata dietro l'assunto precedente. Chiedere ad una persona di essere sincera non ha appello e bisogna essere pronti, quando lo si fa.

giovedì 3 marzo 2011

Linguaggio, valori e Gaia incazzata nera


N: “Ciccia, che hai fatto, sei pensierosa ma silenziosa”
G: “Niente, uffa, sono un po’ sconcertata”
N: “Caspita ma a 5 mesi sai già cosa vuol dire sconcertata?”
G: “Non serve saperlo, mi sento così e mi basta, mica devo per forza capire cosa significano gli stati d’animo per provarli”
N: “Ok, allora raccontami cosa hai fatto”
G: “Mi vuoi bene?”
N: “Ma certo, io ti amo proprio piccola mia”
G: “Ma quanto?”
N: “Tantissimo”
G: “Sbagliato!”
N: “Cosa dici?!!! Non dubitare del mio amore piccolina”
G: “No, è che ripensavo a Benigni e ha ragione. L’amore o c’è o non c’è, non ci può essere poco o tanto”.
N: “Ok, allora diciamo che ti amo e basta ma non credo sia questo il punto”
G: “Già, vedi i dati sono di varia natura, possono esserci, se non sbaglio, tre tipi di variabili: nominali, ordinali o cardinali”
N: “Sì, ricordo di averlo studiato con l’esame di statistica.”
G: “Cosa credi, io lo so perché tu l’hai studiato. Comunque, le differenze, per quel che tu hai capito e io ho appreso, sono che le nominali riportano differenze di categoria, ad esempio maschio-femmina e ti permettono di discriminare se due valori sono uguali o meno senza entrare nel merito del valore, quelle ordinali ordinano delle modalità, quindi mettono dei valori, quelle cardinali entrano anche nel merito dei valori e delle distanze fra essi”
N: “Hm eh ehhh già”.
G: “Non sembri convinto, ti rinfresco. La temperatura è una variabile cardinale, la differenza fra 15 gradi e 16 gradi è la stessa che c’è fra 19 e 20 gradi ed è 1, che è significativo. Un esempio di ordinale possono essere i gradi dell’esercito, è chiaro che sergente è sotto colonnello ma la differenza non è un valore numerico”
N: “Ok, ci sono”
G: “Tutto questo per dire che i numeri e le variabili possono avere diversi valori, una loro qualità ed un significato molto specifico. Cioè non c'è solo un aspetto linguistico, è determinante la qualità, il contenuto, a monte diogni considerazione diantura statistica c'è un merito riguardo al contenuto. Ecco, sto imparando a conoscere l’Italia e gli italiani. Mi piacciono, mi piace un sacco stare in Italia e sono contenta di essere nata in Italia, grazie”.
N: “Però?”
G: “Però siamo il popolo delle confusioni, attribuiamo valori ai Valori. Possiamo essere in parte trasgressori della legge, in parte truffatori. Vedo gente che non è del tutto colpevole. Non credo sia così, abbiamo una lingua bellissima ma anziché usarla per fare chiarezza, per arricchire la nostra comunicazione la usiamo per ingannarci. Una persona per me è colpevole o innocente, poi viene il grado di colpevolezza, che però non c’entra più nulla con l’essere o meno colpevole”.
N: “Sei incazzata, veramente, calmati tesorino”.
G: “Certo che sono incazzata. Viviamo in un posto in cui tutto è trattabile, in cui i nostri Valori non sono trattati in maniera rispettosa, in cui usiamo la lingua in modo ingannevole. Hai mai sentito parlare un avvocato?”
N: “Eh, sì alcune volte”
G: “E’ una recita di espressioni linguistiche. Non esistono sinonimi, ci si esprime per locuzioni che sottendono un significato. Questo non semplifica, usiamo la ricchezza della nostra lingua per creare distanza. Ci sono un mucchio di persone capaci che non possono esprimere il loro potenziale perché il gioco della Giustizia in Italia è quello di recitare frasi. Si crea distanza dalla gente, si perde la sostanza, la qualità”
N: “Ma ti ha fatto causa qualcuno, hai fatto qualcosa e non me l’hai raccontato?”
G: “Ma la Giustizia è un esempio, pensa però quante volte il linguaggio non è più un codice di condivisione ed apertura ma solo di condivisione e di chiusura. Perché una persona è brava se gestisce un linguaggio? Per me il linguaggio è uno strumento, è uno strumento di conoscenza. Saper usare il linguaggio ci permette di comprendere più cose e conetti e ci permette di esprimerli, di mantenerli. Però è uno strumento. Comunque tornando al ragionamento iniziale e poi chiudo, bisogna sempre avere in mente la qualità delle cose, capire cosa c’è dentro, qual è la loro sostanza, capire a che livello le possiamo trattare. Specialmente se parliamo di quei Valori e di quei temi che tengono unita una società. Siamo troppo leggeri nel non dare peso ai contenuti. Ci sono Valori e concetti che non possono semplicemente essere utilizzati, vanno compresi. Il rispetto, l’educazione, solo per citarne un paio, non possono essere oggetto di virtuosismi verbali, devono essere compresi nella loro sostanza, nel contenuto. Ci siamo innamorati della nostra lingua e ci siamo dimenticati del peso che ha, basta qualcuno che urla e mettiamo in discussione la natura e la qualità dei Valori”.
N: “Hai ragione, come sempre. Adesso però riposa”
G: “Certo ma prima fammi una promessa”
N: “Tutto quello che vuoi”
G: “Prometti che mi permetterai di capire quello che mi circonda, prometti che mi insegnerai a parlare ma che mi spiegherai bene che le parole sono macigni, promettimi che userai le tue parole per arricchirmi di Valori e non per rintronarmi di suoni, prometti che mi insegnerai che il linguaggio è conoscenza ma non è intenzione”
N: “Prometto”
G: “Anch’io ti voglio bene”

Filmato su evoluzione



In fondo non è così sconvolgente.
Fra l'altro credo che rispetto a tutto questo sapremo stupirci, lo sviluppo tecnologico non può prescindere dall'evoluzione della specie.
Chissà quindi cosa accadrà veramente.
La cosa da tener presente è la velocità, forse nel futuro la qualità sarà la vera rivoluzione, perchè si porterà dietro tempi diversi.

martedì 1 marzo 2011

Dissonanza cognitiva e sistema dei valori (indubbiamente il titolo più figo di tutto il blog)

Lo scorso venerdì mi son preso un pomeriggio di tempo per me.
Ho fatto assieme ad una persona alcune riflessioni sul mio sistema valoriale legato al lavoro e sono finito a parlare di dissonanza cognitiva.
Tornando verso casa e durante il week end di assenza cerebrale ho recuperato per bene il concetto di dissonanza cognitiva e, come mi capitò durante il corso di studi, ne sono rimasto molto colpito.
Dissonanza cognitiva è un’espressione che riporta agli studi di Festinger, un grande ella psicologia sociale. In buona sostanza dice che gli individui si trovano in una situazione di agio quando sono in condizione di consonanza cognitiva e quindi, in un certo senso, sono coerenti rispetto al loro mondo cognitivo ed al loro agito. Quindi i miei valori sono coerenti rispetto a quello che faccio.
Però quello che faccio lo faccio all’interno di un contesto, di un ambiente. Questo ambiente può aggiungere elementi ed input che determinano una mia incoerenza di comportamenti rispetto al mio agito. In questo caso mi trovo in una condizione di dissonanza cognitiva.
L’individuo quando è dissonante non gode e cerca di risolvere questo conflitto. Generalizzando, la dissonanza cognitiva può essere ridotta in tre modi:
1. producendo un cambiamento nell'ambiente;
2. modificando il comportamento;
3. modificando il proprio mondo cognitivo (ovvero il sistema delle proprie rappresentazioni cognitive e delle loro relazioni funzionali interne).
L’esempio che Wikipedia riporta per esemplificare la DC è quello della favola della volpe e dell’uva. Dato che l’ambiente e le sue caratteristiche non le permettevano di raggiungere l’uva la volpe risolve la sua incoerenza disprezzandola.
E’ un esempio che regge anche se in realtà l’aspetto più interessante è quando la dissonanza si crea all’interno del sistema dei valori e non per una questione di possibilità legata ad un piacere.
Ora, il concetto mi pare abbastanza semplice ed immediato, nonostante il mio goffo tentativo di riassumerlo. La parte interessante, su cui mi sono a lungo soffermato durante il fine settimana (e di questo mi scuso con Giulia, quando avevo lo sguardo assente ed ebete stavo pensando a Festinger ed alla Dissonanza Cognitiva….sorry) è la risoluzione di questa situazione.
Cioè i meccanismi messi in atto per risolvere il conflitto.
Sono sostanzialmente tre, come già accennato e toccano i tre attori di questo meccanismo: ambiente, agito, mondo cognitivo.
La mi riflessione è andata su come un elemento esterno, volendo agire su una massa di persone, intervenga sull’ambiente o sui comportamenti per fare in modo che questi due aspetti siano coerenti con un sistema di valori noto, magari perché universalmente condiviso.
Cioè, se io vivo in una comunità dove si condividono certi valori e questi sono espliciti, chiunque voglia inserirsi dovrà essere coerente con questi e agire in coerenza con questi aspetti.
Cosa voglio dire? Non ne ho idea, ma due riflessioni le voglio aggiungere.
Anzitutto ci facciamo governare da chi vogliamo noi, se il conflitto coi nostri valori fosse così forte l’avremmo risolto. Temo purtroppo che nel caso della politica la dissonanza cognitiva non ci sia semplicemente perché i valori che sentiamo traditi da chi ci governa non sono in realtà così importanti.
Banalizzo. Se chi ci governa non rispetta le leggi noi siamo scandalizzati. Però poi andiamo a prendere il caffè e non ci facciamo fare lo scontrino. Questo, in qualche modo, è eludere una legge. Però il non rispettare la legge non ci crea alcun disagio, anzi se ci fermano senza scontrino ci incazziamo pure. Quindi in realtà non è così radicato questo valore o almeno è mitigato da un ambiente che lo tollera e il nostro comportamento è in altra direzione.
Santo cielo mi sto perdendo.
Riprendo il filo. La mia riflessione è quindi quella di voler sempre creare valori forti e di forzare sempre i nostri comportamenti in coerenza con questi, solo così facendo potremmo modificare l’ambiente in modo che ci segua.
Altro esempio.
Vi è mai capitato di buttare a terra una cartaccia o una cicca? Beh, a me è capitato.
Anche se ritengo di essere una persona attenta all’ambiente, raccolta differenziata, risparmio energetico, ecc ecc. Però sputare una cicca a terra non mi ha creato grandi problemi, in realtà. L’ambiente in cui l’ho fatto era particolarmente sporco e ho visto altri farlo, ecc ecc. anni fa, invece, mi sono trovato in un paesino svizzero, molto carino e molto pulito. Ho camminato con delle cartacce in tasca fino a quando non ho trovato un bidone. L’ambiente era molto più forte, i valori della comunità si esplicitavano chiaramente (qui non si sporca!) e il mio comportamento è stato più facilmente coerente con i miei deboli valori.

Cosa voglio dire? Ancora non ne ho idea. Magari che se abbiamo dei valori forti, se poggiamo su un sistema condiviso e forte allora il nostro ambiente sarà coerente, ci sarà più facile cambiare l’ambiente che non i nostri valori o i nostri comportamenti. Se invece svenderemo i nostri valori vedremo sempre molto più facile smettere di pensare che rubare è un reato piuttosto che difendere il nostro ambiente da comportamenti non coerenti, nostri e altrui.

Beh, a tratti ho snaturato il caro Festinger ma credo fortemente che è sui valori che non dobbiamo mollare perché possiamo condividerli e possiamo usarli come driver per la nostra società. Se lasciamo che si indeboliscano allora i nostri comportamenti e il nostro ambiente avranno il sopravvento.

Mi perdoneranno i colleghi Psicologi più seri di me per le forzature