Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

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ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

lunedì 1 agosto 2011

Copiare per migliorare

Qualche giorno fa sono incappato in un reality show made in USA incentrato sull’arte. Un gruppo di artisti viene messo assieme, gli vengono commissionate delle opere a tema, poi vengono giudicati, eliminati, salvati, ecc ecc, solite storie.
La cosa mi ha interessato nei primi 15 secondi e quindi mi sono visto la puntata. Non ricordo comunque il canale.
Allora, il tema della sfida era qualcosa tipo scioccare, sconvolgere.
Diverse opere, alcune opinabili, altre centrate. Mediamente le ho apprezzate, da persona artisticamente ignorante (chiedo perdono alle mie insegnanti d’arte di medie e superiori per non aver trovato posto nella mia memoria per i vostri insegnamenti, oggi me ne pento).
Fra gli artisti c’è una fanciulla biondina e carina. Modello California, bionda, (finto) svampita, max 50 kg di cui un terzo di seno, probabilmente rifatto. La sua opera consisteva in una serie di sue foto svestita in pose ammiccanti e nell’aver messo a disposizione dei pennarelli affinché il pubblico potesse lasciare un commento direttamente sulla foto. Essendo esposta in una galleria e non in una casa circondariale le scritte erano decenti.
Ora l’opera non rientrava fra quelle che mi piacevano, però vi racconto cosa mi ha colpito e il motivo per cui ho prodotto ben 207 parole di introduzione.
I critici hanno commentato positivamente l’opera sottolineando che l’idea dei pennarelli era ciò che rendeva interessante l’opera: il fatto che l’artista si fosse resa disponibile a far profanare il suo lavoro e, idealmente, il suo corpo……..
A questo punto salta su un concorrente che rivendica la paternità dell’idea, dicendo di aver suggerito a lui di mettere i pennarelli (simpatico e poco invidioso del risultato della collega). A questo punto un giudice l’ha fulminato dicendo che non importa chi o cosa l’avesse ispirata, importava che avesse avuto il coraggio di farlo.
Bene eccoci al dunque.
Se cercate su Wikipedia innovazione troverete che è “un’attività di pensiero che, elevando il livello di conoscenza attuale, perfeziona un processo migliorando quindi la qualità di vita dell'uomo. Innovazione è cambiamento che genera progresso umano; porta con sé valori e risultati positivi, mai negativi.”. Creare qualcosa di nuovo e mai visto (a parte che è impossibile IMHO) è diverso dall’essere creativi dove invece l’ispirarsi, al limite del plagio, è un valore.
Pensate a quanta tecnologia hanno prodotti in Giappone attingendo a tutto il mondo e migliorando l’esistente.
Anche l’arte apprezza la creazione, la comunicazione, la condivisione e si è resa conto che l’innovazione (intesa erroneamente come produrre qualcosa di mai visto) non appartiene a questo mondo.
Perché tutto questo? Forse perché il 2011 è l’anno del miglioramento (secondo il calendario eventi di CoseKeso…..) in cui bisogna cercare di finalizzare il cambiamento al miglioramento. Per questo ogni processo che faciliti questo atteggiamento va’ sottolineato.
Quindi tutto questo per dire che è sbagliato demonizzare il copiare, come accadeva a scuola. Copiare è giusto, certo non deve essere un copiare parola per parola, ma lasciare che quello che ci circonda ci ispiri quello che è giusto per noi non può essere sbagliato. Anche agli scrittori col blocco gli viene detto di cominciare a copiare affinchè si stimoli l'ispirazione, che si crei il ritmo giusto per la creazione.
Se copiamo un’idea e questa ci migliora non sarà mai sbagliata solo perché non originale. Se ci migliora è giusta. E la nostra era è l’era di internet, della condivisione, rispettiamo chi genera le idee che ci ispirano ma è anacronistico rivendicarne l’uso esclusivo. Proteggiamo chi è padre di un'idea ma non nascondiamo l'idea, lasciamola crescere nel confronto con gli altri.

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