Cosekeso?

Ciao, questo è il mio blog, il blog nel quale ogni tanto svuoto la mia testa dai vari elementi che la riempiono.
Non c'è quasi nulla di originale, i miei pensieri sono rivisitazioni o rielaborazioni di quello che l'ambiente mi insegna e propone.

Se leggerai qualcosa "buona lettura", se non leggerai nulla "buona giornata"

ATTENZIONE: contiene opinioni altamente personali e variabili

mercoledì 29 settembre 2010

Adesso è self management

Ricordo bene il mio primo anno alle superiori, quasi 18 anni fa.
Scelsi il liceo scientifico e una sezione con una sperimentazione che si rivelò molto pesante all'epoca e molto interessante col senno di poi.
Non sono mai stato una persona particolarmentre esibizionista e quindi ancora non mi spiego (e neppure ricordo) perchè mi proposi di fare il rappresentante di classe i primi due anni.
Comunque fui eletto, forse per mancanza di alternative o forse per lungimiranza dei miei compagni.

Ricordo però la prima assemblea di classe, coi professori.
Avevo raccolto le richieste dei compagni e tutte vertevano sul fatto che avevamo una mole di lavoro a casa spropositata, secondo i nostri canoni.
Ve lo immaginate un ragazzetto con la riga da una parte, la camicia nei pantaloni lievemente sblusata, che si presenta al consiglio di classe con questa forte richiesta in mano e l'ansia di riuscire almeno a dirla.
I professori commentavano orari, erano anche loro un po' spaesati da questa sezione sperimentale che era al suo primo anno.
Eravamo tutti delle cavie.
Ad un certo punto, verso la fine della riunione di cui non ricordo nulla in particolare, si girano verso di me e verso il mio collega e ci dicono "avete qualcosa da dire?".
Io prendo la parola e dico "ci date troppi compiti" e mentre lo dico, prima ancora che nella loro faccia si accenda il sorriso di scherno, mi sento troppo piccolo per quel contesto e allora aggiungo "quello che noi potremmo dare in classe, l'attenzione che riusciremo a darvi mentre spiegate, è inevitabilmente legata a quanto riusciremo a ricaricarci a casa, a quanto tempo riusciremo a dedicare ai nostri sport ed alle nostre altre attività. Se ci date troppi compiti noi non riusicremo ad essere lucidi".
L'ho detto tutto d'un fiato, ricordo solo che tre professori capirono, cambiarono espressione e mi diedero ragione.
Disgraziatamente questo non cambiò l'usanza di darci uno sproposito di compiti a casa ma almeno ci sollevò in parte dal senso di colpa di non riuscire a terminarli.

Son passati 18 anni e in questi giorni, prendendo in mano una rivista di management (o roba simile) ho trovato un articolo dal titolo "Self Management, gestire bene la vostra vita, non solo il vostro business".
Mi sento rincuorato, ho sempre puntato molto sul fatto che la mia vita professionale fosse emanazione della mia sfera privata. Sono convinto che quello che posso dare in termini di idee, entusiasmo, iniziativa, operatività in area professionale dipenda fortemente da quanto tempo riesco a dedicare alla restante parte di me.
E ne faccio una questione quantitativa, oltre che qualitativa.
Non è sufficiente dire che mi prendo quindici, venti minuti al giorno solo per me.
No io devo volere ore per me, ore in cui dedicarmi a me stesso, ai miei hobby, ai miei famigliari.
Ci possono essere momenti intensi, in cui attignere a tutte le mie riserve ma io ho intuito 18 anni fa che se questi periodi non sono a termine allora la mia performance calerà, non sarò più centrato nelle mie attività professionali.

Certo facciamo corsi di gestione del tempo in cui ci insegnano a trovare questo tempo nell'arco della giornata. Questo è giusto ma, a mio avviso, non sufficiente.
Io non voglio raschiare tempo a destra e sinistar per ricavare tempo per me.
Io voglio raschiare tempo a destra e sinistra per rendere più efficiente la mia vita, per avere altro tempo.
Voglio però programmare quello che ho in funzione di tutto me stesso, dell amia famiglia, delle mie passioni, dei miei sport, del mio lavoro. Di volta in volta vedrò in che ordine.

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