Cosekeso?

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lunedì 18 ottobre 2010

Elogio della leggerezza - un po' presuntuoso

Ho appena letto la notizia che in una scuola di Livorno è stata appesa una bandiera del PCI.
Qualche settimana fa fece scalpore una scuola che espose icone leghiste.
Appena letto il titolo di questa scuola di Livorno ho subito sorriso, pensando ad una goliardata tipica toscana. Mi è sembrato un modo divertente di rispondere a quanto successo in Lombardia, anche un voler smorzare i toni.
Mi sbagliavo, subito sotto si parlava dell’invio di ispettori ministeriali a verificare.
Ora, non entro più nel dettaglio di quanto accaduto, voglio fare una riflessione sullo scherzo, a prescindere dal fatto che a Livorno si sia trattato di uno scherzo o di una provocazione politica.
La nostra società ha perso l’idea di leggerezza, la freschezza ed anche la capacità di prendersi in giro.
Io ricordo, ad esempio, che i miei genitori erano soliti scherzare con amici e conoscenti in maniera anche piuttosto invadente (ricordo una volta quando trasformarono il negozio di cornici di un amico in una trattoria, con tanto di inviti per l’inaugurazione, mentre lui era in ferie. Ricordo che al suo rientro ebbe il suo da fare per convincere tutti gli intervenuti che non c’era nessuna trattoria.).
Ho anche diversi aneddoti di scherzi fatti al lavoro da un altro amico dei miei genitori particolarmente simpatico ma dallo scherzo a tratti pesante.
Penso a cosa accadrebbe oggi. Denunce di mobbing, offese, saluti che vengono negati, forse anche avvocati ecc ecc.
Il tutto al posto di una sana risata.
Da noi fare uno scherzo ad una persona ti espone a maggiori rischi che non derubarla.
Ma dov’è finita la nostra capacità di prenderci poco sul serio. Quando l’abbiamo persa? Quando siamo diventati così permalosi da non saper scherzare gli uni degli altri?
Ma soprattutto cosa ci spaventa? Ci sentiamo talmente esposti quando siamo felici che preferiamo non esserlo. Abbiamo talmente tanta paura che possa finire che preferiamo far vedere che non lo siamo piuttosto che correre il rischio di perderlo.
Chissà se ne vale la pena. Tempo fa ho commentato lo stato di continua infelicità di una persona dicendo “per fortuna io sono una persona semplice e non mi posso fare pensieri così complessi. Da semplice mi faccio problemi semplici e mi rimane più tempo per sorridere”.
Chissà se la società ci permetta ancora effettivamente di farlo e di esserlo. Oppure forse ci manca la cultura per farlo. Non intendo la cultura accademica ma quel rispetto e quella educazione che ci permettevano di sfottere un amico senza mai passare il limite, quell’abitudine a rispettare gli altri, a considerarli che ci permetteva di andare oltre certi formalismi relazionali.
Chissà se la società ce lo può ancora permettere o se rischiamo coltellate e sfregi per aver osato.
Ah, già, dimenticavo, la società siamo noi, forse con un po’ di impegno alla leggerezza è possibile iniziare ad affrontare la nostra paura ad essere felici.

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