Cosekeso?

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mercoledì 3 novembre 2010

PIACERE, MARY POPPINS: CONSULENTE FAMIGLIARE!

Ritrovo e pubblico un mio vecchio post.

Con l’espressione “sindrome di Mary Poppins” (che non ha alcuna validità scientifica o riscontro in letteratura) si intende identificare la tendenza che alcune persone hanno di fuggire davanti al lavoro routinario ove con questa connotazione non si intende una professione che si ripete simile o identica giorno per giorno o settimana per settimana, ma il lavoro che ha un certo livello di costanza, di prevedibilità, di tranquillità. Chi è caratterizzato da questa sindrome (che ribadiamo non ha nulla del patologico ma è semplicemente descrittiva di un comportamento ne più ne meno corretto di altri) ha l’irrefrenabile tendenza a fuggire dalle situazioni di stabilità. Solitamente queste persone si riconoscono sin dal curriculum: hanno sempre ricoperto ruoli di prestigio, di controllo, con alto potere decisionale e forte strategicità ma vi sono rimasti per brevi periodi, dall’anno ai cinque anni.
Questi individui hanno uno sviluppo di carriera inter-aziendale, accrescono il proprio ruolo passando da una realtà all’altra sempre alla ricerca di stimoli; mantengono buoni rapporti con le aziende in cui sono stati e spesso continuano a collaborarvi.
Proprio come Mary Poppins si muovono da una criticità all’altra e, proprio come la bellissima bambinaia interpretata da Julie Andrews, trovano la pace e l’equilibrio quando da dipendenti si trasformano in consulenti. Ormai il panorama italiano è pieno di “partite IVA” e di collaboratori che si offrono alle aziende come risolutori di problematiche più disparate ma il vero consulente, quello che esercita il proprio mestiere per passione, è inevitabilmente affetto dalla sindrome di Mary Poppins.
Come la famosa baby sitter anche il consulente ama le situazioni problematiche, viene chiamato dalle aziende in un periodo di burrasca e termina il suo lavoro superato questo momento, abbandona spesso la nave prima che questa cominci a godersi nuovamente la propria crociera portandosi via un sorriso soddisfatto ed uno strano borsone (in questo caso si spera colmo anche di vil denaro oltre che di esperienze ed oggetti fantastici).
In realtà Mary Poppins fa molto più di questo e chi è “affetto” dall’omonima sindrome, e ha come obiettivo raggiungere il livello di perfezione della tata del film Disney, deve ricordare che lei saluta la famiglia presso cui si è recata assicurando che non tornerà mai più, indicando alla stessa un modo per essere felice.
Il consulente dovrebbe dare le stesse garanzie, promettere che il suo intervento non sarà più necessario ed implementare un metodo (l’espressione metodo deve essere utilizzata nell’accezione più ampia possibile) per cui l’azienda riuscirà ad affrontare eventuali altri momenti di difficoltà in autonomia. In qualunque azienda può capitare di aver necessità della consulenza di una figura esterna, non condizionata dai vari elementi che compongono la cultura, la storia e la politica di una azienda, ma questo non deve essere la costanza; l’azienda deve trovare il suo equilibrio, sviluppare le proprie competenze e tecniche nella risoluzione dei problemi a questo deve contribuire il consulente che svolge completamente il proprio mestiere. Il consulente, libero di tutti i vincoli di sudditanza aziendale (si spera) è anche in grado di identificare i problemi dei bambini ma di educare anche i signori Banks, proprio come Mary Poppins. Non si limita ad intervenire su chi è manifestazione del problema, ma anche indicando a chi l’ha interpellata come migliorare a sua volta. Un fosso si fa con due rive e Mary Poppins questo lo sapeva.
Non è un caso che il consulente Mary Poppins sia stato scelto con l’annuncio della linea e non dell’alta dirigenza, continuando nella similitudine. Una delle prime valutazioni è proprio di capire quale consulente fra quelli che la direzione ha in mente è in sintonia con la cultura della linea su cui deve intervenire.

Ma torniamo alla nostra “sindrome”. Essere dei bravi consulenti fino al punto di avere in dotazione uno strumento che certifichi la propria perfezione non è facile, come per tutti i ruoli lavorativi è un insieme di caratteristiche, attitudini, capacità, predisposizioni, motivazioni (e qui mi fermo perché in tanti hanno già detto e scritto tante cose giuste). Imparare a riconoscere le proprie caratteristiche può aiutare nella scelta del proprio ruolo, nell’impostare la propria carriera. Molto importante è anche imparare a riconoscere le caratteristiche di chi ci sta di fronte, sia che esso sia un consulente o che sia un’azienda nostra cliente, perché ci permette di accettare più facilmente il ruolo degli altri, il valore aggiunto che possono dare all’azienda ed al nostro lavoro.
Essere come Mary Poppins o come Mr Banks è una scelta e in molti casi è dettata da reali attitudini e motivazioni, attitudini e motivazioni che possono rendere bravi consulenti ma che allo stesso tempo rendevano impiegati insoddisfatti o limitati (e viceversa, logicamente).

Mary Poppins è infatti un concentrato di dinamismo, capacità di gestire lo stress, di leggere e risolvere i problemi, è dotata di creatività, si assume senza problemi responsabilità e rischi, si mette continuamente in gioco, è propositiva, ma è anche una persona che ha bisogno di nuovi stimoli esterni, di cambiare spesso aria (in genere quando il vento gira), di poter staccare la spina finito un compito, non vorrei dire un’eresia ma non sappiamo se Mary Poppins sarebbe stata una brava maestra d’asilo o una brava bambinaia se avesse dovuto seguire per molto più tempo gli stessi bambini.
Mr Banks invece è una persona abituata tutti i giorni a crescere i suoi figli e a lavorare per la propria carriera in banca (comunque perseguita sempre nell’interesse dei figli) e che ha imboccato una strada sbagliata e ha bisogno di una indicazione. Ogni giorno però gestisce il proprio compito e dovrà continuare a gestirlo anche quando il vento girerà e Mary Poppins prenderà un’altra via.
Sono caratteristiche diverse che si adattano a ruoli diversi e che bisogna comprendere per trovare la giusta collocazione: l’incantevole bambinaia che tutti avremmo voluto ci aiutasse a prendere le medicine cantando e avesse contribuito a crescerci non era il genitore migliore del mondo, era la migliore Mary Poppins possibile.
Allo stesso modo il consulente che entra nella nostra azienda e deve collaborare con noi nella risoluzione di un problema non è la nostra copia perfetta ed infallibile, è molto bravo a fare il suo mestiere, molto bravo ad aiutarci coi nostri compiti.

Un’ultima riflessione: quando Mary Poppins arriva nella sua nuova casa (azienda) molto spesso incontra delle resistenze che lei è molto abile a fronteggiare e ribattere e delle situazioni di forte accettazione (come accade ai bimbi di casa Banks). Allo stesso modo il consulente incontra da una parte diffidenza dalla stessa azienda che a lui si è rivolta e dall’altra invece fiducia forse eccessiva.
Ripercorrendo lo schema del film si può dire che il consulente è facile, ma non automatico, trovi resistenze da coloro che deve aiutare e grandi aspettative da parte di chi occupa funzioni confinanti (magari con momenti collaborativi alla prima).

Basterebbe semplicemente ricordare che ognuno in queste dinamiche cerca di svolgere il proprio compito sfruttando il più possibile le proprie caratteristiche sapendo che molto probabilmente Mr Banks senza Mary Poppins non avrebbe riconquistato i suoi figli e la promozione in banca e che Mary Poppins in casa Banks non sarebbe resistita all’infinito. In fin dei conti il metro sul quale era riportato che lei era perfetta era il suo, può darsi che ci fosse un trucco, nessuno è perfetto, cerchiamo di ricoprire ruoli ottimali nel miglior modo possibile.

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